Cari bambini, insegnate voi la solidarietà e l'accoglienza
giovedì 24 gennaio 2019

Cari bambini,
vi scrivo con il cuore gonfio di tristezza. Nei giorni scorsi, per l’ennesima volta, sono annegati in mare centinaia di uomini, di donne, di bambini, alcuni neonati. Tutti scappavano dalla violenza, dalla guerra, dalla miseria, dalla fame. Nessuno ha voluto o potuto aiutarli, tranne alcuni volenterosi che sono abituati a non girare la faccia da un’altra parte quando qualcuno in difficoltà chiede loro soccorso. Persone che hanno un senso vivo dell’umanità, che coltivano in sé e nei confronti degli altri i sentimenti della compassione e della pietà.

Molti adulti a questi sentimenti così preziosi che ci rendono umani, hanno rinunciato. Hanno gli occhi chiusi e il cuore freddo. Sono un esempio tragico per i bambini e i ragazzi, che ne osservano i comportamenti e sono portati a imitarli, soprattutto se quegli adulti sono importanti per loro. Ebbene, quando assistete a comportamenti che manifestano egoismo, disprezzo per gli altri, indifferenza verso i più deboli e gli esclusi, non imitateli.

Cominciate sin da subito a nutrire sentimenti di compassione e di pietà verso chi ha bisogno, chi è in fuga dai pericoli, verso i bambini che i genitori vogliono salvare, per garantire loro un futuro più sereno. Non è questo che i vostri genitori vogliono per voi? E non hanno il diritto altri padri e altre madri di desiderare le stesse cose per i loro figli più sfortunati che non conoscono la pace e che fuggono dalla fame e dalla guerra? Oggi voi non siete responsabili della condizione infelice di questi bambini e dei loro genitori. Ma un giorno toccherà a voi prendere decisioni che potranno cambiare la vita degli altri con un sì o con un no. Allora non dovete farvi trovare impreparati perché qualcuno vi ha insegnato a chiudere gli occhi e ad avere il cuore freddo verso gli altri. Ecco perché dovete cominciare subito a esercitare il vostro dovere di essere umani, ai quali non può essere estraneo ciò che accade ad altri esseri umani, quale che sia il colore della loro pelle o la cultura nella quale sono nati e cresciuti.

Con i vostri comportamenti di solidarietà verso i più deboli, dovete essere voi un esempio per gli adulti, metterli davanti alle loro responsabilità. Fatelo con i vostri compagni di scuola, gli amici, con quelli che incontrate occasionalmente per strada o in altri luoghi dove state insieme anche per poco. Come sapete, io ho insegnato per lunghi anni in una scuola elementare. La comprensione, l’empatia, la compassione e la pietà non erano scritti nei programmi di scuola. Ma per me contavano quanto l’insegnamento della grammatica, della matematica e delle lingue straniere. Ho sempre avuto (e voluto) in classe bambini con disabilità anche gravi. La mia disponibilità nei loro confronti era costante e senza tentennamenti. I miei alunni osservavano i miei gesti e i miei comportamenti, ascoltavano le mie parole, controllavano se corrispondevano ai fatti, e mi imitavano. Così non avevo bisogno di fare prediche e di tenere lezioni su solidarietà, compassione e pietà.

Ecco perché i grandi che vi accompagnano mentre diventate grandi hanno enormi responsabilità nei vostri riguardi: genitori, insegnanti e persone che hanno il compito di governare restando umani e non pensando soltanto ad accrescere il loro potere. I bambini che partono per un viaggio senza giungere a una meta, fermandosi a metà del loro cammino, scrivendo solo una piccola parte della loro storia, ci riguardano tutti, anche voi.

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