mercoledì 26 maggio 2021
Non solo disagio psicofisico. Chi si prende cura di un familiare o un parente, spesso perde reddito o addirittura il lavoro. Serve una legge che ne tenga conto
Caregiver dei malati oncologici, una fatica anche economica

Ansa

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È dal 2019 che la Federazione delle associazioni di volontariato in oncologia (Favo) e l’Associazione dei malati oncologici (Aimac) cercano di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica e dei decisori sul disagio sociale dei malati oncologici e delle loro famiglie. E lo hanno fatto principalmente sulla base di un’indagine realizzata intervistando 1.289 pazienti e 1.205 caregiver. Negli ultimi due anni il Rapporto annuale sulla condizione assistenziale del malato oncologico ha dedicato un capitolo specifico al tema, che ha riguardato in particolare la condizione socioeconomica e lavorativa dei malati oncologici e l’intensità del disagio sociale e psicologico cui vanno incontro.

Quest’anno il Rapporto ha dedicato un capitolo al disagio sociale dei caregiver intervistati: 1.205 caregiver, per il 57% donne e per il 43% uomini, con una età media di 52 anni, legati al malato di cancro da un rapporto di parentela (per lo più moglie, marito, figlia, figlio, sorella, fratello o genitore), lavoratori dipendenti a tempo indeterminato nel 35% dei casi ed a tempo determinato nel 7% dei casi; liberi professionisti nel 9% dei casi; pensionati nel 16% dei casi; e casalinghe nel 13%. In più della metà dei casi il caregiver convive con il malato e l’assistenza prestata riguarda, in ordine di importanza, l’accompagnamento, il supporto morale e psicologico, i rapporti con l’équipe curante, il supporto nelle attività quotidiane ed in quelle esterne ed anche il supporto economico; per un impegno orario settimanale medio di 42 ore, che in alcuni casi raggiunge livelli molto più elevati (fino a 100 ore settimanali). Gli aiuti ricevuti dal caregiver per la sua attività di assistenza al malato di cancro derivano in larga misura anch’essi da membri della famiglia: genitori, fratelli e sorelle, figli ed altri parenti.

Per quanto riguarda il tema dei disagi cui il caregiver va incontro, ed in particolare per ciò che attiene alla situazione lavorativa ed economica, l’indagine ha permesso di rilevare dati molto interessanti relativi al reddito, alle spese sostenute ed all’impegno lavorativo. Il reddito dei caregiver si è ridotto, da quando hanno iniziato ad occuparsi del paziente, in 324 casi su 1.205 intervistati, in una misura media del 29% dell’ammontare complessivo, e nel 43% dei casi in una misura tra l’11 ed il 30% dell’ammontare. Rispetto alle cause della riduzione, quella più indicata sono le assenze, seguita dal mancato rendimento. Anche le spese sostenute vengono indicate come terza causa di riduzione del red- dito, ed alla richiesta di indicare di che tipo di spese si sia trattato, i caregiver segnalano principalmente le spese di trasporto, alimentazione, assistenza domiciliare retribuita e supporto psicologico.

A partire da questa base informativa, si è proceduto quindi ad effettuare una analisi statistica di secondo livello sul tema del disagio socio-economico dei caregiver intervistati. Dall’analisi è risultato che disagi economici si verificano per circa il 40% degli intervistati, mentre per circa il 6% di essi si tratta di un disagio rilevante. E si manifestano percentuali maggiori di disagio economico complessivo nelle categorie di lavoratori a tempo indeterminato (35%), nei pensionati (14%), nei lavoratori casalinghi (11%) e nei liberi professionisti (10%); mentre il disagio economico rilevante tocca in particolare i liberi professionisti, i lavoratori disoccupati/in cassa integrazione, i lavoratori “fragili” e coloro che hanno contratti a tempo determinato. Per quanto riguarda i cambiamenti intervenuti nella condizione lavorativa degli intervistati (a seguito della diagnosi di cancro del malato alla cui assistenza gli intervistati si dedicano), dall’indagine emerge come il sopraggiungere della malattia influisca in maniera particolarmente negativa sui lavoratori a tempo indeterminato, ove si registra la più significativa diminuzione di occupati, dal 35,1% al 32,4%; ma anche sui pensionati (con un incremento del 2%) e sui disoccupati, cassa integrati e liste di mobilità, che aumentano dal 4,1% al 5,5%.

In generale, si riscontra una diminuzione di circa il 2,5% della popolazione attiva (dal 60,8% al 58,4%), che conferma la difficoltà di mantenere il lavoro durante la fase di assistenza legata alla malattia, anche al netto delle uscite del lavoro per età pensionistica. Già il X Rapporto Favo del 2018 sulla condizione dei malati oncologici si occupava della questione del caregiver oncologico quale figura essenziale per la sostenibilità dei sistemi di welfare, a fronte di un riconoscimento ancora embrionale di tale ruolo da parte della normativa italiana ed europea. In particolare, si metteva in luce la necessità della valorizzazione della figura del “prestatore di cura”, senza il cui apporto “non sarebbe possibile garantire l’erogazione diretta di tutte le prestazioni di assistenza richieste nelle diverse ipotesi di disabilità (permanente, temporanea, legata a fattori ambientali, ecc.)”.

Come segnalato già nel Rapporto Favo 2018, solo di recente in Italia è avvenuto il primo riconoscimento formale della funzione dei caregiver, quali soggetti che “prestano volontariamente e informalmente assistenza a un familiare o comunque a un congiunto”, e degli strumenti per il loro sostegno, tramite la previsione di un fondo di 20 milioni di euro all’anno, per il triennio 2018-2020, stabilita nella legge di bilancio per il 2018. Le vicende attuative della legge hanno mostrato numerose carenze, nonostante siano state affiancate anche da disegni di legge di iniziativa parlamentare volti ad affermare il riconoscimento di tali figure, che nella fase di emergenza pandemica non possono che aver incontrato ulteriori difficoltà e battute di arresto. In particolare, il limite principale dello schema di testo unificato è rappresentato proprio dalla mancata previsione di misure concrete a sostegno dei caregiver, comprensivo di un sistema efficace di controllo dei requisiti di accesso ai benefici. La legge si limita infatti (nel rispetto delle competenze costituzionali fra Stato e Regioni) a orientare la futura attività di programmazione regionale, rinviando alla sessione di bilancio la quantificazione delle risorse da destinare, da parte dello Stato, a favore dei prestatori volontari di cura.

Tale situazione non ha subito particolari modifiche a seguito della legge di bilancio per il 2021 (art. 1 co. 334, l. n. 178/2020), che ha previsto un fondo con una dotazione di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2021-2023, destinato alla copertura finanziaria di interventi legislativi finalizzati al riconoscimento del valore sociale ed economico dell’attività di cura non professionale. Le analisi condotte a commento della disposizione segnalano che, sommando le risorse non utilizzate nei precedenti esercizi finanziari e riassegnate al Fondo, risultano inutilizzati 70 milioni di euro, da assegnare, secondo i criteri di priorità approvati in Conferenza unificata (20 ottobre 2020) ai caregiver di pazienti con gravissima disabilità (come definita dall’art. 3 del decreto 26 settembre 2016) ed ai caregiver di coloro che non hanno avuto accesso alle strutture residenziali a causa delle disposizioni normative emergenziali comprovata da idonea documentazione.

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