Caduta con riscatto (alla Bocconi): Mattia e la speranza in carcere
mercoledì 24 gennaio 2024

Conseguire un master alla Bocconi di Milano è il traguardo che molti giovani sognano. Mattia taglierà quel traguardo oggi, ma per lui sarà molto di più che il termine di un percorso di studi: sarà il coronamento di una lunga e impegnativa salita cominciata dopo una rovinosa caduta, di cui il suo cuore porta ancora impresse le cicatrici.

Aveva diciotto anni quando finì in galera per avere commesso un reato molto grave in un momento di follia, pentendosene subito dopo ma senza poter scampare alla giusta punizione. Quando entra in prigione per scontare una lunga detenzione fa una promessa alla madre: avrebbe proseguito la scuola fino alla maturità, per amore di lei. E così è stato.

Conseguita la maturità, grazie a una borsa di studio si iscrive in carcere alla Bocconi e dopo tre anni si laurea in Economia e Management, poi ottiene la possibilità di frequentare l’università e con un’altra borsa di studio inizia il cammino del master in Marketing e Comunicazione che conclude oggi, mercoledì 24 gennaio, primo detenuto a raggiungere questo ambizioso traguardo.

Con lui festeggeranno, insieme ai familiari e agli amici, gli educatori del carcere di Opera che l’hanno accompagnato in questi anni, ma sarà un giorno importante anche per i detenuti (1.500 quelli iscritti alle università italiane, molti ad altri ordini di studio) che hanno intrapreso un percorso scolastico.

«Ogni detenuto che comincia a studiare è una branda che si svuota»: è una frase che circola negli ambienti penitenziari, dove molti ristretti trascorrono le giornate oziando sul letto e pochi - troppo pochi, anche a causa di un’offerta formativa inadeguata - dedicano tempo ed energie a migliorare la loro istruzione e a porre le basi per un reinserimento attivo nella società. In un presente carcerario che viene spesso vissuto come un tempo sospeso, c’è chi costruisce un futuro che vuole radicalmente diverso dal passato.

Come Mattia, che ha deciso di percorrere la via dello studio come strada del suo riscatto. Dentro quel percorso c’è una grande determinazione unita al desiderio di dimostrare che il reato commesso non è l’ultima e definitiva parola sulla sua esistenza, che l’uomo non è il suo errore, che dopo ogni caduta ci può essere una ripartenza, che il cuore dell’uomo è fatto per il bene anche se il male è sempre in agguato e spesso riesce a prevalere.

La salita dall’abisso in cui Mattia era precipitato è costellata di fantasmi: tante notti insonni popolate da incubi in cui riviveva le sequenze del reato commesso, tante lacrime amare, il desiderio di chiedere perdono che conviveva con la convinzione di non meritarlo. Ma insieme ai fantasmi ci sono stati i segni di un bene che l’ha raggiunto e l’ha spronato a non smettere di sperare: l’affetto dei familiari, l’incontro con i volontari che lo andavano a trovare in carcere testimoniando un’attenzione gratuita alla sua condizione, e un’esperienza che ha lasciato un segno indelebile, la partecipazione al progetto “Il senso del Pane” promosso dalla Fondazione Casa dello spirito e delle arti nel carcere di Opera, alle porte di Milano. Lì alcuni detenuti che si sono macchiati di gravi reati producono le ostie che vengono poi utilizzate nelle chiese.

È un’esperienza potente fatta di espiazione e di purificazione: dalle medesime mani che si sono macchiate di sangue escono le particole che durante la celebrazione eucaristica diventano il corpo di Cristo, Colui che ha offerto se stesso per la salvezza di ogni uomo. Morte e resurrezione, sofferenza e rinascita, dolore e perdono.

Ancora oggi Mattia non riesce a concepire come possa essere perdonato per il male che ha commesso, ma l’esperienza fatta nel laboratorio delle ostie ha scavato un solco incancellabile nel suo cuore. E le parole che Hannah Arendt ha scritto, parlano anche a lui: «Gli uomini, anche se devono morire, non sono nati per morire ma per ricominciare».

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