giovedì 28 aprile 2011
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Il clima pre-elet-torale, che pure ha un suo peso rilevante, non basta a spiegare le continue tensioni che agitano la maggioranza e che ormai investono un ventaglio assai vasto di argomenti, coinvolgendo pesantemente persino la questione, sempre politicamente decisiva, delle relazioni internazionali. Non pare ci siano le condizioni per una crisi di governo, che non converrebbe a nessuna delle formazioni di maggioranza, sia a quelle maggiori, Popolo della libertà e Lega, tantomeno a quelle minori che si sono costituite dopo il mezzo terremoto parlamentare determinato dalla secessione dal Pdl (e dal centrodestra vincitore delle elezioni del 2008) dei finiani di Futuro e libertà. Può darsi che un eventuale esito particolarmente negativo delle consultazioni municipali in qualche grande città possa rendere ancora più difficile mantenere in equilibrio l’asse delle relazioni politiche, ma già ora si vede come quell’asse sia assai traballante.La maggioranza ha l’obbligo di rispondere a esigenze che si presentano come oggettivamente dense di pericoli e di contraddizioni, ed è proprio in queste occasioni che si verifica la sua solidità. Sarebbe ingeneroso non riconoscere la complessità, per esempio, della situazione che si è determinata per effetto della crisi libica. L’Italia si è trovata a dover scegliere tra l’isolamento dai principali alleati, che pure hanno commesso errori evidenti, e l’accettazione di scelte dolorose che discendo da quegli errori (i ritardi, le esitazioni, le infine concitate opzioni belliche e ora un’escalation ricca di incognite...). Che su questo si esprimano oscillazioni e punti di vista divergenti è fisiologico, che essi diventino armi di battaglia politica ed elettorale invece suppone un eccesso di spregiudicatezza. La Lega oggi si presenta persino come "patriottica" quando denuncia il rischio di una sudditanza alla politica francese, interpreta un senso diffuso di ostilità all’uso della forza militare, ma in questo mette un certo carico di strumentalità.Anche sui problemi economici (che vedono contrapporsi la difesa della stabilità di bilancio all’esigenza di promuovere lo sviluppo) e su quelli energetici (in cui si contrappone il peso della dipendenza alle preoccupazioni per la sicurezza accentuate ovviamente dalla tragedia giapponese) si tratta di scegliere o di contemperare esigenze reali. Quel che sarebbe necessario recuperare è un equilibrio, un atteggiamento di reciproca comprensione che eviti di trasformare immediatamente le diverse sensibilità su tutti questi argomenti in terreno di scontro, peraltro puramente mediatico e propagandistico, visto che nessuno prevede di farle arrivare allo sbocco di una rottura effettiva.Il problema del centrodestra attuale è il suo futuro. Ed è ragionevole che tra Pdl e Lega Nord e al loro interno ci si interroghi (e si battagli) su una simile posta, cioè sulla nuova fisionomia e i nuovi rapporti di forza di una coalizione spesso vincente e tendenzialmente maggioritaria. Ma sarebbe meglio se questa riflessione portasse a rafforzare gli elementi di responsabilità piuttosto che quelli di polemica .Le tensioni interne al centrodestra, peraltro, non sono isolate. Anche nei raggruppamenti di opposizione e tra di loro si vedono segni di vivace contrapposizione. Il Partito democratico viene attaccato dagli alleati "giustizialisti" a Napoli e da quelli di estrema sinistra nelle piazze, persino in occasione del 25 aprile. Il "nuovo polo" di Pier Ferdinando Casini, invece, mentre si tiene alla larga dal centrosinistra, sperimenta nel voto sulle pregiudiziali (respinte) alla legge sul «fine vita» che su questioni etiche basilari per Udc e Api permangono forti diversità di vedute con Fini e i suoi più stretti compagni di strada. I problemi delle opposizioni non rendono, però, più forte la maggioranza, semplicemente fanno politica ancora più caotico l’insieme della situazione, il che non è utile per nessuno.
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