domenica 21 giugno 2015
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La partita non è ancora chiusa, assicurano fonti del Governo. Ma lo schema di decreto legislativo di «riordino delle disposizioni in materia di giochi pubblici» dopo settimane di standby, a quanto pare pressoché inutile, suscita ancora delusione in chi si rende conto di che cosa abbia significato in questi anni il dilagare di Azzardopoli. Suscita delusione e accende indignazione. A partire dal titolo (eufemistico) che sembra introdurre regole per l’organizzazione di parchi giochi nelle nostre città e invece fa da coperchio a una pentola in cui ribollono azzardo patologico, impoverimenti, diseducazione civile, usura. Se davvero si pretendesse di vanificare il lavoro fatto dagli Enti locali (Comuni e Regioni), che hanno via via cercato di porre argini a slot machine e affini, se davvero non solo si rinunciasse a interdire la pubblicità dell’azzardo, ma si inventassero limiti-burla e corsie preferenziali per continuare a intossicare gli eventi sportivi, saremmo alla resa dello Stato alla lobby del non-gioco per eccellenza e alla logica dei burocrati che ne presidiano i ricchi affari con l’alibi di un gettito fiscale vanificato dai danni inferti alle salute delle persone e alla salute pubblica. Non può accadere. Non ci si può arrendere.
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