Pnrr, crisi surreale, un esempio utile
giovedì 14 gennaio 2021

Ora che il piano italiano per il Next Generation Eu è stato approvato dal Consiglio dei ministri e verrà sottoposto al vaglio del Parlamento e della società civile la cosa peggiore che potrebbe accadere è litigare all’infinito per questa o quella modifica ulteriore. Se si guarda da questo punto di vista alla «crisi da calcoli» – pare utile riprendere l’immagine usata ieri nel titolo di apertura di questa prima pagina – si capisce perché i «calcoli» dei diversi protagonisti della crisi siano tutti rischiosi e ingombranti, oltre che probabilmente sbagliati, e perché nella condizione data il dibattito in corso e lo scollamento della maggioranza possano apparire a tanti cittadini persino surreali.

Nell’imponente Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), infatti, e nella divisione di risorse indicata, ora c’è (quasi) tutto e ci può stare tutto quello che serve per trasformare l’Italia. La vera sfida sta nel 'fare squadra' per realizzarlo con la più vasta concordia possibile nei tempi limitati prestabiliti, evitando il rischio concreto di perdere le risorse. Più di tutto dovremmo concentrarci pertanto sul tema della gestione e della realizzazione delle opere. Non è facile in un Paese che per sua natura si appassiona di annunci e dialettiche verbali e ha meno il gusto dell’accompagnamento, dei risultati e della valutazione dei progetti.

Anche se un momento difficile come quello che stiamo vivendo può e deve essere anche l’occasione per una svolta culturale in questa direzione perché sono i frutti e i risultati e non gli annunci e le polemiche che ci consentono di superare le crisi e ci rendono generativi.

Ogni esperto, ogni partito, ogni organizzazione della società civile se avesse potuto scriverlo da solo, avrebbe scritto il piano diversamente, ma in democrazia i risultati dei processi sono il frutto di un’intelligenza collettiva e bisogna avere l’umiltà di non credere di essere gli unici fuoriclasse mentre tutti gli altri sono inetti o incompetenti.

Dentro quel piano, insomma, possiamo starci tutti molto comodi con le nostre idee e priorità, non dimenticando che restano e resteranno altre vie per trasformare il Paese (dai Btp 'verdi' di prossima emissione, alle leggi di bilancio e alla programmazione regionale 2021-27). Può però servire un esempio concreto di come nella realizzazione dello spartito si potrà migliorare l’opera. Eccolo. Nel piano si parla (troppo poco) del problema della qualità dell’aria, una delle questioni fondamentali anche per l’Italia.

Come è noto, lo scorso 10 novembre la Corte di Giustizia europea ci ha invitato a prendere provvedimenti per evitare gravi sanzioni in materia di inquinamento dell’aria e polveri sottili dove i livelli di concentrazione nel nostro Nord superano di gran lunga i limiti fissati dalle direttive comunitarie e dall’Organizzazione mondiale della sanità che calcola tra le conseguenze circa 218 morti al giorno. Per aiutare il lettore a capire, la soglia consigliata è di 10 microgrammi per metro cubo. In Italia siamo stati in media giornaliera negli ultimi tre anni a 14 e in Lombardia a 19. Ma ciò che più pesa sono i giorni in cui si è sforata la soglia di 50 microgrammi (nel 2019 più di 100 giorni in numerosi capoluoghi di provincia lombardi, piemontesi e veneti). Nel giro di meno di un anno sono stati pubblicati una trentina di lavori scientifici che hanno mostrato la relazione tra esposizione di lungo periodo alle polveri sottili ed esiti gravi o mortali di Covid-19 in diversi Paesi del mondo (noi tra i primi, con risultati annunciati su 'Avvenire' nella scorsa primavera).

Ma non c’era bisogno del Covid per capire che le polveri sottili fanno male alla salute. Per superare l’emergenza su questo punto, non è necessario stravolgere il Pnrr perché a p. 87 troviamo l’indicazione di «piani nazionali sul controllo dell’inquinamento dell’aria e di misure di accompagnamento per la riduzione delle emissioni inquinanti». A pag. 157 si torna sul tema sottolineando l’esigenza di «Rafforzare la capacità, l’efficacia, la resilienza e l’equità del Paese di fronte agli impatti sulla salute, attuali e futuri, associati ai rischi ambientali e climatici ». E ancora «di istituire un Sistema nazionale prevenzione salute-ambiente-clima (Snps) con conseguenti atti regolamentari applicativi e attuativi».

Nella bozza, inoltre, è richiamato il concetto di « One health » che sta a significare nella letteratura internazionale l’interdipendenza tra salute umana, delle specie animali e del pianeta. Per realizzare concretamente questo obiettivo dobbiamo restare tutti a casa e fermare l’economia? Tutt’altro. I dati a nostra disposizione indicano che nel primo mese del lockdown le concentrazioni di polveri sono paradossalmente aumentate rispetto ai due anni precedenti. E il motivo principale è che quasi il 60% delle polveri viene dal riscaldamento domestico.

Paradossalmente la combinazione del riscaldamento centralizzato nelle 5 zone climatiche italiane con la maggiore permanenza a casa ha prodotto un effetto indesiderato. Intervenire sulla base del Next Generation Eu o con piccole modifiche di esso è molto semplice. Basta condizionare il bonus del 110% (ampiamente finanziato nel Pnrr) con il vincolo che nelle città del Nord l’efficientamento energetico debba includere il passaggio a sistemi di riscaldamento che non producono emissioni di polveri (per esempio, da gasolio a pompe di calore). In questo modo sarebbe possibile abbattere la metà delle emissioni. È un esempio concreto, tra i tanti possibili, per affrontare in modo positivo i tempi straordinari che abbiamo davanti. Aiuta a «costruire», come chiede il presidente Mattarella, e a ricostruire il Paese solo il rimboccarsi le maniche per contribuire al risultato finale proponendo soluzioni in grado di migliorare lo sforzo comune. Le condizioni sono indubbiamente difficili eppure, come mai prima, propizie.

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