Anche i big data usati bene nella lotta alla miseria
mercoledì 29 giugno 2022

La lotta alla povertà è uno dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile promossi dall’Agenda 2030: intercettare precocemente coloro che sono a potenziale rischio di povertà è una delle sfide che l’Agenda invita ad accettare, soprattutto dopo le esperienze dell’emergenza pandemica che ha messo in piena luce vulnerabilità sommerse. In una prospettiva attuale e sistemica, la povertà non può più essere considerata mediante una metrica esclusivamente economica, ma in una vista multidimensionale. L’attenzione alle sole risorse finanziarie non coglie, infatti, tutta la sfera di bisogni delle persone, soprattutto se in condizioni di fragilità (anziani, bambini o persone affette da deficit) e, di conseguenza, non riesce a cogliere pienamente la qualità della loro vita.

La povertà oggi è strettamente correlata ad altri fattori delle condizioni di vita, come la solitudine, la malattia, le difficoltà motorie, il digital divide, o la mancanza di accesso a risorse che consentono un tenore di vita minimo e un’adeguata partecipazione alla società. L’emergenza legata alla pandemia è la prova eclatante di come sia necessario un intervento precoce nell’individuare coloro che sono più a rischio di povertà proprio secondo questa accezione multidimensionale. Ed è proprio quest’accezione che meglio si presta a rappresentare un esempio paradigmatico di sfida al ruolo delle nuove tecnologie della scienza dei dati e dell’Intelligenza Artificiale, insieme alla loro applicazione verso settori a forte ricaduta sociale, e grazie alla disponibilità di grandi quantità di dati provenienti da sorgenti eterogenee.

Pensiamo ai dati raccolti e strutturati da molte istituzioni (ad esempio, i Comuni), e soprattutto da associazioni di volontariato, centri di assistenza e organizzazioni a diretto contatto con i propri assistiti, e che quindi veicolano informazioni di grande valore in una prospettiva multidimensionale. Si tratta di una grande quantità di dati (big data) che, se opportunamente elaborati, fruiti e interpretati, consentono di individuare correlazioni caratterizzanti degli aspetti multidimensionali della povertà, e addirittura di prevederne il rischio. L’uso di tecnologie di Intelligenza Artificiale applicate a questi dati richiede comunque una visione antropocentrica, con la finalità di fornire indicazioni utili e interpretabili a policy maker, istituzioni e servizi sociali, nell’ottica di promuovere il benessere sociale e la sostenibilità degli interventi. In questo contesto, occorre mettere in atto uno sforzo congiunto e multidisciplinare che integri competenze provenienti non solo dall’informatica e dall’ingegneria, ma anche dalle scienze sociali, psicologiche ed economiche. La partecipazione a questo tipo di attività esige inoltre il coinvolgimento diretto dei fruitori finali e degli operatori dei servizi di settore. Fondazione Cariplo, che proprio in questi giorni compie i suoi primi 30anni di attività, ad esempio, da lungo tempo attenta a questo tipo di problematiche, supporta il progetto Artificial intelligence facing Multidimensional Poverty in ELderly, il cui acronimo Ampel significa 'semaforo' in tedesco.

Ed è proprio sulla metafora del semaforo che si sviluppa il progetto, che ha il fine di definire un indice di rischio povertà a tre livelli (basso/verde, medio/arancione, alto/rosso). La conoscenza che permette di definire questo semaforo parte da dati raccolti da associazioni che si occupano di anziani, che registrano i loro bisogni quotidiani principali, le richieste di assistenza e le informazioni sulle loro reti sociali. Questo insieme eterogeneo di dati viene integrato con altri dati disponibili (dati sociodemografici raccolti dai Comuni, dati statistici, dati su condizioni economiche e sanitarie) e con nuovi dati non convenzionali. La condivisione di dati provenienti da fonti diverse e la partecipazione attiva di anziani e operatori di settore, quali i volontari dei centri di assistenza, fornisce un valore aggiunto nell’interpretazione delle informazioni raccolte per la definizione di indicatori di povertà spesso non direttamente correlati all’immaginario comune del concetto della povertà stessa, e assume particolare rilievo nel suggerire strategie di intervento per istituzioni, policy makers e servizi sociali.

Università di Milano-Bicocca

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