martedì 3 novembre 2020
L’enciclica di Francesco e la via privilegiata della cooperazione internazionale per un futuro giusto e sostenibile
Alleanze che generano sviluppo la via glocal di «Fratelli tutti»
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Fra i tanti temi affrontati dall’enciclica Fratelli tutti ce n’è anche uno di particolare rilevanza economica: prediligere la dimensione locale o globale? Tema non nuovo: i movimenti sociali lo pongono da anni per richiamare l’attenzione sulla necessità di gestire l’economia in forma compatibile con i limiti del pianeta. Inutilmente. Ciò nonostante, da qualche tempo, la discussione su questo tema è tornata a imporsi in maniera prepotente per volontà degli stessi fautori della globalizzazione. Ma non per ragioni sociali o ambientali, bensì di potere.

Le guerre commerciali rese più dure dagli Stati Uniti di Donald Trump, ad esempio, sono pianificate contro la risalita di Paesi emergenti e per il ritorno a un ordine mondiale basato sul “tutti contro tutti” che garantisce alla potenza egemone maggiori opportunità di dominio. Per questo oggi è più urgente che mai definire i livelli ottimali di relazione commerciale, non solo per soddisfare al meglio le esigenze di sostenibilità ambientale ma anche per progredire più speditamente e in modo equo sulla strada dello sviluppo umano e sociale.


La collaborazione tra Stati vicini è una formula che può produrre risultati, in particolare con la formula «Sud-Sud»: Paesi meno ricchi che si aiutano tra loro

L’opinione di papa Francesco è che «nessuno Stato nazionale isolato è in grado di assicurare il bene comune della propria popolazione» e indica nella politica di buon vicinato la strada da perseguire: «In alcuni quartieri popolari si vive ancora lo spirito del “vicinato”, dove ognuno sente spontaneamente il dovere di accompagnare e aiutare il vicino. In questi luoghi che conservano tali valori comunitari si vivono i rapporti di prossimità con tratti di gratuità, solidarietà e reciprocità, a partire dal senso di un “noi” di quartiere. Sarebbe auspicabile che ciò si potesse vivere anche tra Paesi vicini, con la capacità di costruire una vicinanza cordiale tra i loro popoli». In particolare «per i Paesi piccoli o poveri si apre la possibilità di raggiungere accordi regionali con i vicini, che permettano loro di trattare in blocco ed evitare di diventare segmenti marginali e dipendenti dalle grandi potenze».

Il Papa riafferma, dunque, il valore della cooperazione Sud-Sud, il povero che aiuta il povero, di cui si cominciò a parlare già nel 1955 alla Conferenza di Bandung, primo incontro internazionale fra Paesi che avevano conquistato l’indipendenza dal giogo coloniale. Poi, le stesse Nazioni Unite riconobbero l’importanza della cooperazione Sud-Sud e nel 1978, in un incontro a Buenos Aires, la annoverarono fra le strategie di liberazione dal sottosviluppo. Da allora, lungo questa strada, sono stati fatti molti passi avanti, ma non sempre all'altezza della situazione. Ad esempio, per ciò che riguarda la collaborazione in ambito commerciale si possono individuare cinque livelli di coinvolgimento. Il primo, quello minimale, è la stipula di accordi di libero scambio. In pratica più Stati decidono di favorire il commercio fra loro, riducendo, se non azzerando, i dazi doganali e adottando regole comuni rispetto alla qualità tecnica, sanitaria e ambientale dei prodotti. Al gradino successivo si collocano le unioni doganali che, oltre ad applicare tutto ciò che vale per gli accordi di libero scambio, impegnano i Paesi aderenti ad adottare una politica doganale comune nei confronti del resto del mondo.


Le varie forme di libero scambio e unione doganale attive in Asia, Africa, Centro e Sud America non hanno la forza di un’unione economica sul modello della Ue

Al terzo gradino si collocano i mercati comuni: Paesi che oltre ad avere costituito un’unione doganale rafforzano la collaborazione fra loro permettendo anche a persone e capitali di circolare liberamente all'interno dell’area comune. Non senza preoccupazione per i partner più deboli che vivono il mercato comune come un’arma a doppio taglio: negativa sul fronte dei capitali, per il rischio di perderne a favore dei partner più solidi, positiva sul fronte sociale, per la possibilità offerta ai propri disoccupati di trovare lavoro nei Paesi vicini. Ma gli effetti indesiderati possono essere sempre eliminati con correttivi ad hoc. Al quarto livello troviamo le unioni monetarie: mercati comuni che usano anche una moneta comune. E per finire, al gradino più alto troviamo le unioni economiche: Paesi che, oltre a formare un mercato comune, assumono politiche comuni e di cooperazione in molti altri ambiti: fiscale, sociale, ambientale, agricolo, industriale, scolastico, sanitario.

Inutile dire che la formula più efficace, quella che conferisce maggior forza e solidità all’alleanza, è l’unione economica, di cui però esiste un solo esemplare in tutto il mondo. Si tratta dell’Unione Europea, che avendo anche scelto di presentarsi agli appuntamenti internazionali come un blocco unico realizza ciò che Fratelli tutti auspica per i Paesi più poveri, ossia «evitare di diventare segmenti marginali e dipendenti dalle grandi potenze». Nel corso degli ultimi decenni, vari Paesi del Sud del mondo hanno stretto alleanze economiche fra loro, ma nella maggior parte dei casi si tratta di accordi di libero scambio, anche se a volte con correttivi che le avvicinano alle unioni doganali. Rientrano in questa categoria l’Asean, comprendente 10 nazioni asiatiche che si affacciano sul Pacifico ma non la Cina, la Comunidad Andina, comprendente quattro Paesi sudamericani della regione delle Ande, la East African Community, stipulata fra sei Paesi dell’Africa Orientale fra cui Kenya e Tanzania, il Comesa, stipulato fra 21 Paesi africani della zona orientale, dall’Egitto fino allo Zimbabwe. Lo stesso Afcfta, l’accordo di collaborazione firmato nel 2018 fra 44 Stati africani, su cui sono state riposte tante speranze, fondamentalmente si limita a voler fare dell’Africa una grande zona di libero scambio, a partire dal 1° luglio 2021.


ll Papa indica una possibile soluzione nel superamento delle divisioni tra popoli confinanti,
orientato a risolvere insieme gli stessi problemi e a presentarsi come un blocco unico nelle assise internazionali

Oltre a zone di libero scambio, alcuni Paesi del Sud del mondo hanno istituito unioni doganali con tratti a volte assimilabili ai mercati comuni. In America Latina abbiamo il Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay) e il Mercado Comun Centroamericano, mentre in Africa abbiamo il Sacu, che comprende il Sudafrica e altri paesi dell’Africa australe. Infine, in Africa esistono anche due unioni monetarie: l’Uemoa e il Cemac, entrambe collocate nella parte centro-occidentale del continente e costituite da Paesi ex-colonie della Francia.

Ma ciò che manca in questo panorama così frastagliato è una qualsiasi parvenza di unione economica, l’unica alleanza che può rappresentare un punto di svolta nella cooperazione Sud-Sud perché veramente orientata a risolvere insieme gli stessi problemi e a presentarsi come un blocco unico nelle assise internazionali. Segno – per dirla di nuovo con papa Francesco – che «le visioni individualistiche si traducono nelle relazioni tra Paesi. Il rischio di vivere proteggendoci gli uni dagli altri, vedendo gli altri come concorrenti o nemici pericolosi, si trasferisce al rapporto con i popoli della regione. Forse siamo stati educati in questa paura e in questa diffidenza». Per questo il Papa conclude che «l’integrazione culturale, economica e politica con i popoli circostanti dovrebbe essere accompagnata da un processo educativo che promuova il valore dell’amore per il vicino, primo esercizio indispensabile per ottenere una sana integrazione universale».

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