Accanto ai più giovani con fiducia che cambia
venerdì 23 febbraio 2018

È un messaggio, quello di papa Francesco per la 33ª Gmg, che tutti possono comprendere: giovani e adulti, religiosi e laici, credenti e non credenti, scolarizzati e no. Perché è un invito personale, rivolto a ciascuno nella sua unicità, e insieme è universale, perché tocca con parole semplici e profonde le corde che vibrano in ciascuno di noi: i timori, le speranze, il bisogno di riconoscimento e di amore, la fame di capire chi siamo, cosa ci stiamo a fare nel mondo, qual è il significato che la nostra vita può esprimere, e non solo per noi. Ma prima di cogliere alcuni spunti va sottolineato un metodo (odós, via): perché, ci è stato insegnato, via e verità non sono separabili. Almeno due aspetti meritano a mio avviso un’attenzione speciale. Il primo è 'con': il Papa non parla 'dei' giovani, delle loro incertezze e speranze, non fa un’analisi sociologica, anche se mostra una profonda comprensione dell’universo giovanile; non parla nemmeno semplicemente 'ai' giovani, come un emittente che ha da trasmettere un messaggio.

Piuttosto, si pone 'con' loro: i giovani sono «un dono prezioso da accogliere», sono interlocutori («Voi siete il 'tu' di Dio»), compagni di cammino. Un cammino che non può che essere comunitario: una «carovana solidale», una condivisione attiva e sollecita. Una corrente di empatia passa dai gesti e dagli sguardi, persino dai selfie, oltre che dalle parole. La postura conta: orienta in profondità lo stile, il significato e l’esito della comunicazione. Il secondo è 'oltre': la Giornata mondiale della gioventù 2018 rappresenta «un passo avanti nel cammino di preparazione di quella internazionale», una «nuova tappa del nostro pellegrinaggio». Il tempo non si riduce a un momento (c’è la Domenica delle Palme il 25 marzo, il Sinodo dei Giovani in ottobre, l’incontro a Panama nel 2019...) e l’esperienza non si riduce a un luogo: è il movimento, il cammino, l’itinerario il luogo dell’esperienza della fede. In nessun luogo troviamo la verità, perché la verità è nel cammino.

Nessuna tappa segna l’arrivo: piuttosto, sempre una ripartenza. Avviare processi, non occupare spazi. C’è l’eco de 'La debolezza di credere' di Michel de Certeau in questo metodo. È lo scarto tra ciò che riusciamo a realizzare e il desiderio di pienezza che arde in noi a modulare il cammino. Ed è in questa debolezza – e dunque continua e avventurosa ricerca – la forza di attrazione che il cristianesimo può esercitare oggi, per i giovani ma non solo. Del contenuto del messaggio tre aspetti mi hanno colpita, che indicano tre polarità, tre tensioni che muovono la vita dei giovani: paura-coraggio; incertezza-fiducia; sfida mandato. Quanto al primo, il coraggio non è l’assenza di paura, ma la capacità di non rimanere paralizzati da ciò che ci spaventa (il rischio del fallimento, il giudizio degli altri...). Per questo è importante dare un nome alle paure, riconoscerle, affrontarle a viso aperto, senza vergognarsene. In fondo, le paure sono spesso speranze in controluce. Ma perché non ci blocchino non basta la nostra volontà. Abbiamo bisogno di guardare qualcosa di grande, che ci aiuti a ridimensionarle, e di farci aiutare, lasciarci prendere per mano da chi può aiutarci a saltare al di là. Farci afferrare dalla grazia.

Anche i dubbi non sono da demonizzare, anzi! Il verbo della vita è chiedere, avere una domanda, lanciare un punto interrogativo verso l’alto, come ha scritto Erri De Luca. Paure e dubbi non sono ostacoli ma condizioni di un autentico e consapevole cammino di fede. Il coraggio allora non è né incoscienza né arroganza: è la capacità di collegare mente e cuore (nell’etimologia) e di sapere che non ci si può fermare alla paura di perdere qualcosa ma bisogna accettare il paradosso di cui parla Chesterton: «Il coraggio è quasi una contraddizione in termini. Esso significa un forte desiderio di vivere che prende la forma di una disponibilità a morire». «Il Papa si fida di voi»: in un’epoca di incertezza la vera rivoluzione è quella della fiducia. I giovani non sono una massa informe e allo sbando da disciplinare, bensì portatori di speranze ed energia. Soprattutto, non si può chiedere a qualcuno di avere fede se non gli si dà fiducia, perché il movimento è lo stesso: fede, fiducia, fedeltà vengono da fides, corda. La fede non è un insieme di contenuti. È un legame (di amore, di filiazione). Solo 'in cordata' possiamo camminare con coraggio, perché se qualcuno cade gli altri lo tengono. Per questo papa Francesco può provocare: «Accettate la sfida?». È un modo di richiamare alla corresponsabilità, di 'autorizzare' a sentirsi parte attiva e indispensabile del cammino: «Il Signore, la Chiesa, il mondo, aspettano anche la vostra risposta». Coautori della pagina più bella, che deve ancora essere scritta.

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