Quella democrazia «fragile» si cura con valori e pazienza
giovedì 21 gennaio 2021

L’America deve essere unita per tornare all’altezza dei propri ideali e fronteggiare una serie di crisi convergenti: l’attacco alle istituzioni, la pandemia, l’emergenza razziale, le ingiustizie sociali, i cambiamenti climatici e il ruolo internazionale messo in discussione. Joe Biden, 46° presidente degli Stati Uniti, si è insediato in una situazione oggettivamente eccezionale e nel suo discorso inaugurale, un sincero e accorato appello al Paese più potente del mondo, lo ha riconosciuto con un’ammissione inconsueta che oggi diventa constatazione: «La democrazia è fragile».

A Washington si è svolta una cerimonia blindata e con poco pubblico – senza il predecessore, che solo due mesi dopo le elezioni ha ammesso a denti stretti la sconfitta – in cui spiccavano invece il dispiegamento di militari e le mascherine sui volti dei presenti. Curare, ricostruire – le parole d’ordine del nuovo capo della Casa Bianca – ascoltarsi, guardarsi, con rispetto, facendo in modo che la politica non sia una battaglia che distrugge gli avversari. Ricucire gli strappi di Trump nel segno dell’unità è il compito erculeo e decisivo che attende Biden e la sua vice Kamala Harris, prima donna, asiatico-americana e dalla pelle scura per di più, a ricoprire quella carica. Non sarà una strada in discesa, tutti ne sono consapevoli.

Dopo i sorrisi del giuramento, erano attese le firme a numerosi ordini esecutivi raccolti sotto lo slogan di «aiuti per le famiglie americane che fronteggiano una serie di difficili situazioni». La priorità è la lotta al Covid-19, per le cui 400mila vittime il presidente ha fatto una pausa di preghiera silenziosa: dall’obbligo di mascherina per cento giorni a una nuova struttura federale di coordinamento, ridando spazio e fiducia negli esperti bistrattati dalla precedente Amministrazione, fino al rientro nell’Oms. La moratoria (di qualche mese) sugli sfratti e sui pignoramenti della casa e i rimborsi dei debiti studenteschi (vera piaga per un’intera generazione) vogliono venire incontro alle fasce più povere e ai gruppi più svantaggiati, cui anche Trump si era rivolto all’inizio del suo mandato.

Ma Biden allarga lo sguardo non solo ai bianchi vittime delle chiusure industriali, ma a tutte le minoranze che negli ultimi quattro anni hanno sentito la Casa Bianca sempre più lontana e ostile. L’iniziativa per migliorare l’uguaglianza razziale è indirizzata a neri, latini, nativi, minoranze religiose, disabili e persone Lgbtq+, richiamate anche nell’intenzione di combattere le discriminazioni basate sull’identità di genere e l’orientamento sessuale. Il secondo presidente cattolico della storia – che nel suo discorso ha citato sant’Agostino, unica personalità del passato evocata insieme a Lincoln e Martin Luther King – inverte la rotta anche sui migranti, cancellando le norme repubblicane sull’esclusione dal censimento degli stranieri senza documenti (che li rendeva presenze anonime), rafforzando la protezione dei minori, i dreamers, eliminando il divieto di ingresso da alcuni Paesi a maggioranza musulmana e fermando la costruzione del Muro sul confine meridionale.

Ci sono poi le attese misure sul clima, dal ritorno nell’Accordo di Parigi a interventi per limitare le emissioni delle auto e l’estrazione di combustibili fossili da aree protette. Una raffica di decreti che guarda pure al mondo, cui Biden ha teso una mano con la promessa di riparare le alleanze e di recuperare il potere dell’esempio e la fiducia reciproca. Non basteranno però gli appelli e le prime decisioni per sanare le fratture che sono plasticamente emerse il 6 gennaio con l’assedio e l’occupazione del Congresso. E che il Papa ha evocato nel suo messaggio di augurio all’impegno del nuovo capo della Casa Bianca e di benedizione al popolo che rappresenta e governa. L’America non è solo spaccata. I fattori di divisione sono tuttora all’opera. In prima linea l’ormai ex presidente, che fino all’ultimo ha tentato di avvelenare i pozzi rompendo tutte le tradizioni repubblicane e instillando dubbi sulla legittimità del suo successore. Si vocifera ora che pensi alla fondazione di un suo partito 'dei patrioti'. Non sarebbe un’impresa facile per chi si trova sotto la seconda procedura di impeachment. Coloro che si sentono da lui rappresentati non hanno tuttavia bisogno di un’organizzazione formale per cercare di frenare il nuovo corso.

La grande incognita resta infatti il Partito repubblicano: saprà depurarsi dalle scorie del trumpismo per riprendere una dialettica politica sana, quella auspicata ieri e simbolicamente accettata dall’ex numero due Pence, che ha presenziato al giuramento e si è congratulato con il rivale? Oggi possiamo salutare la resilienza della democrazia che ha mostrato di nuovo il suo volto migliore, proprio dove era stata sfidata pochi giorni fa. Il richiamo di Biden alla sua fragilità e «incompletezza» deve renderci comunque consapevoli che si tratta di un bene prezioso che non è mai acquisito definitivamente e che poggia su valori da non disperdere, rappresentati ieri dalle Bibbie su cui i nuovi leader hanno promesso fedeltà alla Costituzione. Un bene che va coltivato con pazienza e unità, sapendo che basta davvero poco per distruggere quello che si è costruito nel tempo e si dava per scontato.

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