venerdì 4 novembre 2022
Maria Celeste si rivolge direttamente a Luigino Bruni, che sta interpretando da economista una serie di pagine indimenticabili, perché incuriosita dall’affermazione che nei libri «grandissimi
Dialogo tra una 15enne e un prof sulla forza generativa della lettera
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Caro direttore,
vorrei rivolgermi direttamente al professor Bruni. Buon giorno, signor Luigino, ignori l’oggetto della mia mail («Una domanda importantissima»), che è abbastanza sciocco, perché quello che io invece le volevo chiedere non lo è, mi prenda sul serio. Ho letto proprio ora un suo articolo su “Avvenire”, quello su Pinocchio (di domenica 30 ottobre 2022, ndr). Mi è piaciuto tutto l'articolo e tutte le parole da lei usate, ma ciò che mi ha veramente incuriosito, anzi, preoccupato, è l'inizio del testo, dove dice che i libri migliori sono quelli dove i personaggi sfuggono all'autore. Lei ha anche chiarito subito dopo la suddetta affermazione, ma non l'ho capita ugualmente. Perciò le domando se può prendersi cinque minuti per spiegarmi meglio cosa intende: per me è davvero importante. Ho solo 15 anni e non conosco adulti su cui fare davvero affidamento, credo. Se lei mi facesse la cortesia di parlarmene mi svolterebbe la vita, davvero. I ragazzi devono scappare dagli adulti che li vogliono burattini, e io scappo, ma vorrei poter trovare a un certo punto qualcuno che mi parlasse, e che mi parlasse sinceramente. Se mi dedicherà questo poco di tempo lei sarà tra quelli, e anche se non ci conosciamo, siccome io a queste cose ci tengo, anche se magari dimenticherò il suo nome, le sarò grata a vita.

Maria Celeste


Cara Maria Celeste, la tua lettera mi ha riempito di gioia, per molte ragioni. Perché leggi articoli culturali di un quotidiano (“Avvenire”), perché hai trovato interessante il mio Pinocchio, per l’ottimo italiano, per i contenuti, per la domanda che mi fai, e per le cose molto belle che dici alla fine sulla gratitudine. Ciò che intendevo dire nell’incipit dell’articolo su Pinocchio – i libri grandissimi sono quelli in cui i personaggi sfuggono al suo autore – nasce dall’idea che mi sono fatto nella vita leggendo, studiando e meditando i classici. Che cosa succede con i Promessi Sposi, la Divina Commedia, alcune poesie di Leopardi, alcuni racconti di Borges? La creatura dell’autore, e quindi anche i personaggi, lasciano il nido preparato per loro dall’autore che non li controlla più. Si inizia a scrivere con una intenzione, con qualche idea e qualche messaggio, ma quando il libro è finito ci si accorge di aver scritto altro, che qualcuno ha scritto le pagine più belle del nostro libro. In queste opere e libri gli autori non sono più i padroni dei loro “caratteri”, non sono i loro burattinai, e non sono neanche i migliori interpreti di quello che hanno scritto, perché, semplicemente, hanno scritto solo una parte dei loro capolavori, e non quella decisiva. Ecco perché i capolavori sono pochi, perché oltre al talento (già molto raro) c’è bisogno che l’autore entri in una sorta di “trance” o estasi (che non può programmare), dove lui/lei perde il controllo sul suo lavoro e accade l’inatteso, e così l’opera sorprende e ammaestra anche l’autore. Non so se ora è un po’ più chiaro – chissà?! –, ma se non lo è, scrivi ancora, non ti stancare; e non ti stancare di chiedere agli adulti attorno a te: in genere siamo più buoni e migliori di quanto appariamo a voi ai ragazzi. Ti riporto su questo e chiedo al direttore di pubblicare accanto a queste righe, una bellissima poesia di una mia amica, Mariangela (se non lo fai ancora, ama molto la poesia: è una strada maestra per conoscere l’anima del mondo, e per decifrare la tua). Spero ti piacerà. A presto.

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