martedì 3 settembre 2019
Una lettrice racconta le difficoltà di un conoscente. Una lettera che, in queste ore di trattative per il governo andrebbe tenuta in massima considerazione
«A 50 anni senza più lavoro né mezzi». La politica risponda
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Gentile direttore,
a fine agosto ho conosciuto una persona che mi ha raccontato la sua storia. Ha cinquant’anni e ha sempre lavorato come artigiano. Per motivi che per rispetto non ho approfondito, ha perso il lavoro. Ha una famiglia cui pensare. Dapprima si è rivolto a numerose agenzie per il lavoro, senza nessuna risposta. Ha poi chiesto aiuto all’assistenza pubblica da cui, ora, sta ricevendo un contributo di 300 euro mensili, a fronte di un contratto di lavoro nel mondo dell’assistenza agli anziani, che scadrà a breve. Mi ha detto che tale contratto potrà essergli rinnovato, però, per 150 euro mensili. Come fa a sopperire ai bisogni della sua famiglia? Provavo i brividi nel sentir parlare una persona tanto sofferente e umiliata. Questa è l’Italia silenziosa e impotente che ci cammina accanto, mentre noi facciamo finta di non vedere. Avrei tante riflessioni personali da aggiungere, ma è meglio fermarsi qui. Servono comunque più solidarietà, giustizia e lungimiranza politica.

Margherita Bettineschi Brescia

In giornate impegnative, convulse, a tratti persino surreali, quali queste che stiamo vivendo sul piano politico, una lettera come la sua, gentile signora Bettineschi, alla quale rispondo su richiesta del direttore, dovrebbe essere tenuta nella massima considerazione. Perché l’esclusione dal lavoro e l’impossibilità di provvedere al mantenimento della propria famiglia – che lei descrive raccontando di un conoscente 50enne – rappresentano ancora oggi per molte, troppe persone, un dramma reale. Un disagio non solo economico, ma che investe direttamente la dignità della persona. E perciò necessita, da parte delle istituzioni e della società, di una risposta che sia al tempo stesso solidale, efficace e soprattutto includente. Non basta fornire un sussidio a chi non è in grado di mantenersi, ma occorre accompagnare le persone a superare le difficoltà nelle quali si trovano rendendole protagoniste del loro riscatto. Proprio queste erano le motivazioni con cui sono state progettati e realizzati il Reddito di inclusione prima e il Reddito di cittadinanza poi. Su quest’ultima misura si sono concentrate molte critiche nelle scorse settimane, in parte motivate dai ritardi nell’operatività dei cosiddetti 'navigator', gli operatori che nei Centri per l’impiego dovrebbero guidare i disoccupati alla ricerca di opportunità di lavoro, e in parte dovute al fatto che solo un terzo degli aventi diritto alla misura sono occupabili e, di questi, alcuni sono stati già 'pizzicati' a svolgere attività in nero o a non possedere tutti i requisiti per beneficiare dell’assistenza. La disonestà di pochi o l’impossibilità di trovare per tutti un’occupazione non possono, però, far velo a un bisogno reale, a un dramma appunto, che ancora troppi vivono sulla loro pelle. E se davvero si arriverà a dar vita a una nuovo esecutivo sostenuto dal Movimento 5 Stelle, che ha fortemente voluto il Reddito di cittadinanza, e dal Pd che aveva approntato il Reddito di inclusione, questa sarà l’occasione per valorizzare il meglio dei due progetti e introdurre i miglioramenti necessari affinché risponda a situazioni come quella descritta. Fuori dalle polemiche virtuali, dalle invettive social, calandosi invece nelle situazioni reali di chi, dopo una vita da artigiano, a 50 anni si ritrova senza lavoro e con l’unica prospettiva di un tirocinio part-time a 150 euro al mese. La politica di cui si discute a Palazzo Chigi è – deve tornare ad essere – essenzialmente la risposta a questi problemi: quali strategie di sviluppo economico e sociale possono migliorare la situazione del Paese in un’ottica di bene comune; quali misure di intervento solidale possono evitare che alcuni cittadini rimangano ai margini. Il resto – gli incarichi, le quote di partito, le legittime ambizioni personali – dovrebbero essere conseguenti. Semplicemente venire dopo. La sua lettera, gentile signora Bettineschi, lo ricorda a tutti noi e per primi a coloro che in queste ore hanno la responsabilità di costituire un nuovo governo per il bene del Paese tutto.

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