giovedì 17 settembre 2009
Secondo alcuni testimoni il velivolo avrebbe preso di mira alcune famiglie di profughi. nella zona sono in corso da oltre un mese violenti combattimenti tra le forze governative e ribelli sciiti.
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Fuggivano dalla guerra, ma la guerra li ha ugualmente raggiunti e uccisi, vittime inconsapevoli di un conflitto sconosciuto, «dimenticato» tra le tante emergenze internazionali. Sono «almeno 87» i civili morti e una quarantina quelli rimasti feriti mercoledì nella regione di Adi, zona settentrionale dello Yemen dove da metà agosto è in corso un’offensiva militare denominata Terra Bruciata contro i ribelli zaiditi, in lotta dal 2004 con il governo di Sanaa. A ucciderli, ha denunciato l’organizzazione Human Rights Watch, sono stati aerei dell’esercito regolare: «Hanno compiuto quattro raid e, senza avvertimenti, hanno bombardato un gruppo di profughi che si riparavano in una zona vicina ad una scuola».Una regione di fatto inaccessibile, quella di Adi, nella provincia di Omran, dalla quale a fatica emergono particolari sulla strage. Quel che si sa è che tra le vittime sono numerose anche le donne e i bambini e che al momento dell’attacco «non c’erano scontri armati in corso nella zona», anche se «l’area è vicina ad una strada qualche volta usata dai ribelli di Huthi». Una fonte ufficiale yemenita ha rifiutato di confermare il bilancio delle vittime del raid, ma ha affermato che l’aviazione «ha puntato su ribelli che facevano fuoco mescolandosi con i civili». Dal canto loro i miliziani guidati dall’imam sciita Abdel Malek al-Huthi hanno denunciato «un nuovo massacro compiuto dal potere sanguinario».La zona colpita sarebbe quella di Harf Sufian, una località che da giorni è scossa dai combattimenti tra i ribelli e l’esercito. Stando ad alcuni siti indipendenti yemeniti, sembra che gli sfollati fossero da tempo fermi in quella zona a causa dei continui scontri in corso nei dintorni. Il luogo obiettivo del raid non era infatti un vero e proprio campo profughi, ma uno spazio aperto vicino a una scuola e coperto da molti alberi. La strage di civili ha scatenato la rabbia delle tribù locali, che hanno chiesto alle autorità di aprire un’inchiesta per accertare le responsabilità del raid. Richieste analoghe, peraltro, sono giunte da più parti, con la stessa Human Rights Watch che ha chiesto al governo dello Yemen di «investigare prontamente e con imparzialità» l’accaduto. In un comunicato il presidente Ali Abdullah Saleh ha risposto all’appello, annunciando un’inchiesta, ma dalle autorità non è giunto alcun commento sull’eccidio. Un sito ufficiale ha riferito di operazioni militari nella zona di Harf Sufyan, ma senza menzionare i raid: «Le forze armate e le unità di sicurezza hanno impartito ai ribelli una dura lezione e molte perdite con operazioni coraggiose», si legge sul sito.Già nelle settimane scorse le Nazioni Unite, il Programma alimentare mondiale e l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati avevano ammonito che la situazione dei civili intrappolati dagli scontri «è assolutamente drammatica». Il conflitto ha finora causato migliaia di morti e lo sfollamento di oltre 150mila persone, un terzo delle quali fuggite negli ultimi mesi. Ancora nei giorni scorsi decine di ribelli erano stati uccisi nella provincia settentrionale di Saada e in quella di Omran.Dai miliziani continuano a piovere critiche sul «regime tirannico» del presidente Saleh e richieste di maggiore autonomia. Le autorità replicano che l’unico obiettivo dei ribelli è la restaurazione del potere dell’imam zaidita, rovesciato nel 1962, sul territorio al confine con l’Arabia Saudita, dove gli sciiti sono in maggioranza, mentre nello Yemen la popolazione è in prevalenza sunnita. In mezzo alle contrapposizioni, però, restano bloccate decine di migliaia di civili, vittime involontarie di un cruento braccio di ferro politico-militare.
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