martedì 20 aprile 2010
Alla cerimonia  Andrea Perrone, presidente della «Fondazione Spe Salvi» dell’ateneo milanese che ha promosso l’iniziativa. La palazzina  è dedicata alla memoria di Anna Montano Aletti.
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Aveva sedici anni quando in Uganda ci arrivò per la prima volta con la famiglia, papà Urbano e mamma Anna: «Ero un ragazzo. Affascinato da questo cielo africano. La natura, i colori del tramonto. Anche oggi l’Africa ti offre l’idea dell’infanzia del mondo, ma, purtroppo, è cambiata. Eppure, nonostante ci siano città che sembrano metropoli americane dai mille problemi, colpisce osservare come questa gente si ingegna per cercare di affrontare le difficoltà di ogni giorno».Allora poteva pensare di tutto il giovane ragazzo, mai avrebbe immaginato che un giorno sarebbe tornato in questo angolo del mondo per assistere alla realizzazione di un progetto educativo e solidale che porta anche il nome di sua madre. L’uomo Giovanni Aletti, 57 anni, adesso dice: «Un dipartimento di scienze sanitarie presso l’Università Cattolica ugandese dedicato a mia madre no, quello proprio non me lo sarei mai aspettato».C’erano il vice-presidente dell’Uganda Gilbert Balibaseka Bukenya, assieme all’arcivescovo di Kampala Cyprian Lwanga Kizito, il rettore della Uganda Martyrs university Charles Olweny, il professor Andrea Perrone presidente della “Fondazione Spe Salvi” dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, il dottore Stefano Santini del “Cuamm” Medici per l’Africa, alla cerimonia di inaugurazione delle cinque nuove aule e la sala professori per la formazione dei futuri operatori sanitari ugandesi, annesse al Campus dell’Università Cattolica ugandese a Nkozi, (otto corsi di laurea e 4670 studenti, ndr) in un luogo di quiete, immerso nella natura, a due ore di auto da Kampala. La palazzina bianca che ospiterà il Dipartimento di scienze sanitarie è dedicata alla memoria di mamma Anna Montano Aletti, scomparsa nel 2009, moglie dell’ex senatore Urbano Aletti, che il Dipartimento lo ha in buona parte finanziato.L’investimento di “Spe Salvi” è organico a un più ampio progetto di collaborazione e iniziative umanitarie che la fondazione ha avviato in Uganda. «Siamo venuti qui per servire: questa è l’idea portante dei nostri progetti, presenti e futuri – evidenzia il presidente della fondazione, Andrea Perrone, docente di giurisprudenza della Cattolica di Piacenza –. Lo stiamo facendo in sintonia con la Conferenza episcopale ugandese e non solo seguendo una impronta di carattere universitario, ma anche attraverso un piano per lo sviluppo della persona, la solidarietà sociale e dunque un progetto di microcredito. Al centro di tutto abbiamo voluto mettere cibo e salute».La carta vincente si chiama “Wekembe”, e l’ha voluta l’arcivescovo di Kampala. Il nome in lingua swaili significa «lavorare sodo», ed è il microcredito. Già decine sono le storie, in particolare di donne, che, grazie a questa forma di  sostegno economico, che comincia con piccoli prestiti tra i 100 e i 150 euro, hanno potuto concretizzare le loro attività commerciali o agricole. Maria Nunciata Nakai, racconta: «Sono malata. Nonostante riparassi scarpe vecchie per mantenermi e comprare le  medicine, non ho mai avuto un paio di zoccoli. Andavo a piedi nudi. Mi era rimasta solo mia figlia, povera anche lei. Ma non poteva aiutarmi. Con il microcredito ho consolidato la mia attività e oggi posso permettermi anche un paio di sandali nuovi». Vincent Lukaro faceva il sarto, ma l’attività non decollava: ha chiesto una mano a “Wekembe” per commercializzare prodotti per la telefonia. Oggi si accinge a chiederne un altro, per ampliare l’attività, vuole acquistare un terreno e allargarsi al mercato: «Sono grato a questo progetto voluto dal nostro arcivescovo e sostenuto dagli italiani. “Wekembe” è una benedizione». «Università Cattolica ugandese e povertà africana da aiutare: per questo abbiamo avviato una stretta collaborazione con la Fondazione “Spe Salvi” – spiega monsignor Cyprian Lwanga –, ed è già un grande successo che favorisce l’emancipazione sociale di tanti poveri e che vorrei diffondere in tutto l’Uganda. La vita in Africa non è facile, è sempre una sfida aperta. Ma anche così si costruisce la strada della speranza e del futuro».
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