sabato 29 luglio 2023
In cella in Crimea, senza accuse, il volontario spagnolo che portava aiuti a bambini e famiglie stremate dalla guerra in Donbass. La lettera della compagna Tetyana al Papa: è credente e generoso
Il volontario spagnolo Mariano García Calatayud, detto Mario, con un gruppo di bambini ucraini che aiutava

Il volontario spagnolo Mariano García Calatayud, detto Mario, con un gruppo di bambini ucraini che aiutava - Foto Vitaliy Bogdanov

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Da quasi cinquecento giorno attende «il miracolo», come lo chiama. È la liberazione del suo Mario. Rapito dai russi il 19 marzo 2022 a Kherson, quando la città del sud del Paese era stata appena occupata dalle truppe di Mosca. Tetyana Marina è ucraina ed è la compagna di Mariano García Calatayud, che tutti chiamano Mario. Il volontario spagnolo fatto sparire dagli 007 del Cremlino. Civile e straniero. Adesso detenuto in Crimea. «Non uno dei prigionieri di guerra che sono quelli fermati sul campo di battaglia con le armi in mano – dice la donna ad Avvenire –. Ma è un innamorato dell’Ucraina che a Kherson, mia terra natale, aveva scelto di restare benché fosse stata conquistata dai russi. Per difenderla in maniera non-violenta continuando a portare aiuti umanitari alle famiglie più bisognose e partecipando alle manifestazioni contro l’aggressione. Questo è bastato perché finisse nel mirino dei servizi di sicurezza. In realtà non è mai stato formalmente accusato di nulla. Perciò è un “invisibile”, una persona di cui gli occupanti non hanno mai ammesso la detenzione». Una pausa. «Lui è vittima di un crimine di guerra. I russi non lo hanno arrestato, ma fatto catturare in pieno giorno da uomini in abiti civili con il volto coperto», aggiunge Tetyana. Ancora si pente di non averlo sposato. «Mi aveva proposto il matrimonio. Sono stata titubante».

Mariano García Calatayud, il volontario spagnolo di 75 anni rapito dagli 007 russi durante l'occupazione di Kherson

Mariano García Calatayud, il volontario spagnolo di 75 anni rapito dagli 007 russi durante l'occupazione di Kherson - Foto Tetyana Marina

Il sequestro del “Gandhi” spagnolo e il dolore della moglie “mancata” vengono raccontati in una lettera indirizzata a papa Francesco che Tetyana ha intitolato “Supplica”. «Mario è molto religioso. Condivide con il Papa anche la stessa lingua. So che il Pontefice è impegnato personalmente nelle trattative per il rilascio dei prigionieri e sognerei che potesse intervenire. Nel testo gli spiego che Mario è un generoso e non merita ciò che gli stanno facendo». Comprese le torture. «All’inizio è stato recluso a Kherson. Un compagno di cella che per quattro mesi ha diviso con lui lo stesso locale e che poi sarebbe stato rilasciato ha riferito di essere stati picchiati con i manganelli, morsi dai cani dei secondini, seviziati con l’elettricità. Speravo che i russi trattassero Mario in modo diverso: non ha il passaporto ucraino e ha 75 anni, compiuti a febbraio in cattività».

La lettera indirizzata a papa Francesco per la liberazione di Mariano García Calatayud catturato dai russi

La lettera indirizzata a papa Francesco per la liberazione di Mariano García Calatayud catturato dai russi - Avvenire

Solo lo scorso aprile, dopo un anno di mutismo russo, è arrivato un segnale. «C’è ancora un muro di gomma intorno al suo caso. Esiste un’unica lettera dell’ufficio del procuratore militare della flotta russa nel Mar Nero in cui si riferisce che lui è stato incarcerato dalla Fsb. Si dice nella prigione di Sinferopoli». Nessuno è potuto entrato in contatto con lui. «Neanche il governo spagnolo. I suoi diritti vengono violati ogni giorno. Mai un avvocato è stato autorizzato a incontrarlo».

Mariano García Calatayud, rapito dai russi, con la compagna Tetyana Marina

Mariano García Calatayud, rapito dai russi, con la compagna Tetyana Marina - Foto Tetyana Marina

Lavorava al Comune di Valencia, Mariano. «E ha sempre raccontato che durante gli anni della dittatura di Franco gli oppositori perseguitati avevano affidato i loro figli alle famiglie ucraine di Odessa. Così quando gli veniva chiesto: “Perché sei qui Ucraina?”, lui rispondeva: “Per restituire all’Ucraina il bene fatto alla Spagna”». Dopo la pensione, il trasferimento sul mar Nero. Era il 2014. «Da subito si è mobilitato per il Donbass in guerra. Raccoglieva fondi e consegnava apparecchi medici, cibo, abiti fin nei luoghi delle ostilità. Si è dedicato agli ospedali e soprattutto ai bambini degli orfanotrofi», sottolinea la compagna. Avrebbe potuto lasciare Kherson all’inizio dell’invasione russa, nel febbraio 2022. «L’ambasciata di Spagna aveva già organizzato l’evacuazione. Ma si è rifiutato. Era abituato agli attacchi, non aveva paura. E non intendeva interrompere la sua missione umanitaria. Credeva che l’età e lo status di straniero lo avrebbero protetto. Inoltre ha voluto raccontato di persona le prime settimane d’occupazione ai media internazionali per scalfire il fortino della propaganda di Mosca».

Mariano García Calatayud in Ucraina dove vive dal 2014 e distribuisce aiuti a famiglie e bambini del Donbass

Mariano García Calatayud in Ucraina dove vive dal 2014 e distribuisce aiuti a famiglie e bambini del Donbass - Foto Tetyana Marina

La voce di Tetyana si incrina mentre parla da Vinnytsia, città a 200 chilometri da Kiev, dove si è rifugiata. «Rapire la popolazione civile è un’atrocità compiuta dai russi per far sì che i parenti degli ostaggi premano sul nostro governo». Anche lei è scesa in piazza per protestare contro l’oblio ufficiale nei confronti dei civili imprigionati. «Siamo purtroppo un gruppo ormai molto numeroso. Le autorità ucraine si adoperano per il rilascio dei militari, ma non dei civili. Siamo consapevoli che manifestare mentre il Paese viene bombardato può essere destabilizzante. Ma non possiamo tacere. E non capiamo perché l’esecutivo non si spenda per i nostri cari così come ha fatto con gli arruolati del battaglione Azov. Per di più la liberazione di un volontario spagnolo dovrebbe essere un motivo d’orgoglio per l’Ucraina che ha nella Spagna una delle nazioni da cui è giunto un fondamentale sostegno». Tetyana riprende fiato. «Non mi rassegno all’idea di non poter rivedere mai più Mario. “Mai” non fa parte del mio vocabolario. E non mi arrenderò».

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