giovedì 1 giugno 2023
Da Ochakiv, la città ucraina più vicina alla Crimea: 3 chilometri di mare separano le spiagge opposte. Il tiro dell’artiglieria russa è costante. Case distrutte, ma molti restano
La battaglia sulle spiagge a poche bracciate dalla Crimea
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Quando la granata piomba sul sentiero sassoso che conduce alla spiaggia minata, una donna sbuca da dietro un cancello che le ha fatto da scudo. È salva, con il marito e i due figli. Si disperano, non per il tetto sfondato. Il loro cane è stato ucciso dall’esplosione di schegge e ghiaia. Si riparava nella cuccia di legno a forma di casetta che ora sembra una piccola bara fracassata.

Ochakiv è l’avamposto sul mare, a tre chilometri dal lembo più estremo della Crimea. Da qui partono le incursioni notturne dei corpi speciali ucraini coperti dal fuoco amico. E qui arriva la risposta di Mosca che da anni si lamentava per il viavai di certi motoscafi militari veloci arrivati dall’America. Il nuovo cannoneggiamento potrebbe essere una rappresaglia per l’ennesima operazione ucraina in territorio russo. Il governatore di Krasnodar, nella Russia Meridionale, a meno di 200 chilometri dalla Crimea, ha confermato che l’esplosione della grande raffineria regionale è stata provocata dall’attacco di un drone. Il petrolchimico di Afipsky non è lontano dal porto di Novorossiisk sul Mar Nero, dove si trova un altro stabilimento petrolifero attaccato più volte nelle ultime settimane.

Il presidente Zelensky ha visitato Odessa, minacciata da quattro navi russe che stazionano con due dozzine di missili, per incontrare i vertici militari nel Sud: «Questa è una regione prioritaria del nostro stato indipendente».

A Ochakiv non sanno cosa sia successo dall’altra parte del Mar Nero. Ma sanno che colpire su questo lato della baia è uno sport macabro e poco impegnativo. Ogni tanto piovono i missili, ma più di frequente l’artiglieria russa adopera lanciarazzi e cannoni multipli con una gittata da 3,5 a 70 chilometri. Il porticciolo militare ridotto a ferraglia dista 3,8 chilometri in linea d’aria, il paese 4. Gli ucraini rispondono con le stesse armi, ma sulla riva opposta, dove scorre la stretta penisola di Kinburn, ci sono solo sabbia, vegetazione e soldati nemici che sparano e scappano. Da questa parte invece c’è Ochakiv, che aveva 14mila residenti prima della guerra, adesso meno della metà. Ci sono strade e palazzi spazzati via, scuole distrutte. Resistere è anche restare. Ieri, ad esempio, era il giorno del “jerky”, le strisce di carne essiccata «che con un bicchiere di vodka ucraina fanno passare la fame e la paura», tuona il cinquantenne Pavel. Che ha una missione: «Raccogliere 82 mila grivne per le batterie dei Mavic». Fanno duemila euro, e servono per tenere in volo i piccoli droni civili adoperati da esercito e milizie territoriali per avvistare le postazioni russe. «Nelle ultime 24 ore – fa sapere lo Stato maggiore di Kiev –, i nostri difensori hanno distrutto 32 droni d’attacco Shahed. Unità di forze missilistiche e artiglieria hanno colpito tre posti di comando, un’area in cui era concentrato il personale nemico, quattro pezzi di artiglieria, un sistema missilistico». La pressione psicologica su Mosca arriva anche dalle dichiarazioni dei “partigiani” russi che parlano di «migliaia di candidati in attesa di unirsi» alla «Legione Libertà», ha dichiarato al britannico Times il “comandante Caesar”, che nei giorni scorsi ha guidato diverse incursioni oltre confine, rientrando indisturbato. E anche i reiterati attacchi dei droni su Mosca hanno irriso la declamata invulnerabilità del Cremlino e dei suoi centri di potere. Il portavoce del governo, Dmitrij Peskov, si è lamentato di non aver sentito «nemmeno una parola di condanna dall’Occidente». Kiev non rivendica gli attacchi, ma Whashington ribadisce di non essere d’accordo con i raid entro i confini della Federazione. Londra invece giudica queste azioni come legittime. E l’ex presidente russo Medvedev, attuale vice capo del Consiglio di Sicurezza nazionale, avverte che ogni responsabile britannico, militare o civile, che contribuisce allo sforzo bellico dell’Ucraina «può essere visto come obiettivo militare legittimo», poiché «sta di fatto combattendo una guerra non dichiarata contro la Russia».

A Mosca hanno però altri problemi interni. Yevgeny Prigozhin, il capo dei mercenari Wagner, ha annunciato di avere chiesto alla procura generale di aprire un’indagine per «crimine di tradimento» contro il ministro della Difesa Sergeij Shoigu e il Capo di Stato Maggiore Valery Gerasimov, perché non avrebbero sostenuto a sufficienza le operazioni belliche e i mercenari. Poi, con calcolata espressione truce, più simile a un avvertimento che a un consiglio, Prigozhin ha chiesto di non essere più definito «il cuoco», ma «il macellaio di Putin».

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