mercoledì 10 giugno 2015
Quinta volta in Vaticano per il capo del Cremlino, che tiene ai rapporti con la Santa Sede. Specialmente dopo la lettera di Francesco che scongiurò l'allargarsi del conflitto siriano.
COMMENTA E CONDIVIDI
Che cosa si diranno oggi pomeriggio a quattr’occhi il Papa e il presidente russo Vladimir Putin? E soprattutto qual è il motivo di questo nuovo incontro in Vaticano (previsto per le 17) in poco più di due anni di pontificato? Sono le domande che hanno accompagnato la vigilia dell’udienza e alle quali, almeno a livello di grandi temi, non è difficile rispondere: questione ucraina, situazione mediorientale, rapporti bilaterali e – anche se in questo momento appare un po’ più defilata (e comunque non solo di competenza del padrone del Cremlino) – il “sogno” della prima visita di un Vescovo di Roma a Mosca (o almeno dell’incontro con il patriarca Kirill, sia pure in “campo neutro”). In realtà, al di là di questa agenda che nei giorni scorsi ha ricevuto autorevoli conferme proprio da parte russa (secondo l’assistente di Putin, Yuri Ushakov dovrebbero essere proprio quelli i temi principali del colloquio), c’è una valenza complessiva dell’incontro che non può sfuggire e che può essere inquadrata nella sapiente diplomazia pastorale messa in atto da Francesco fin dai primi mesi del suo pontificato, quando proprio la lettera scritta al presidente russo in occasione del G20 di San Pietroburgo fu determinante (insieme con la grande preghiera di piazza San Pietro nel settembre del 2013) per scongiurare l’allargamento del conflitto siriano alle grandi potenze. Gli esperti di cose russe affermano che in quella occasione il Papa si guadagnò un credito di riconoscenza da parte di Putin che potrebbe ora far valere per dialogare con il presidente russo sulle complesse questioni del momento, prima tra tutte la situazione ucraina. Nel messaggio Urbi et Orbi di Pasqua Francesco disse: «La Risurrezione del Signore porti luce all’amata Ucraina, soprattutto a quanti hanno subito le violenze del conflitto degli ultimi mesi. Possa il Paese ritrovare pace e speranza grazie all’impegno di tutte le parti interessate». Ed è noto che queste sue parole (tra le quali spicca l’aggettivo amata, riferito al Paese di Kiev) unite al più volte ripetuto invito a evitare guerre fratricide, sono state grandemente apprezzate da Kirill. Per tutte queste ragioni, se oggi pomeriggio, come è probabile, il Pontefice chiedesse al suo ospite maggiore rispetto per i cattolici in Ucraina, una tale richiesta non potrebbe essere ignorata così tanto a cuor leggero anche da un politico da sempre ritenuto sensibile solo alla stretta ragion di Stato. Non c’è però solo l’Ucraina. Papa Francesco, accogliendo la richiesta di udienza formulata da Putin e facendogli spazio nella sua affollata agenda, da un lato conferma che il ruolo della Chiesa di Roma è davvero cattolico (cioè universale) e non si riduce, come qualcuno vorrebbe far credere, a quello di cappellania dell’Occidente. Dall’altro indica alla comunità internazionale una possibile via d’uscita ai grandi problemi dello scacchiere mondiale. In sostanza, con la scelta di tenere aperto il dialogo con il Cremlino, è come se Bergoglio dicesse al mondo che la Guerra fredda deve continuare ad essere considerata materia del passato. E che su temi caldi come la sempre più ingarbugliata questione mediorientale, l’avanzata dell’Is, il caos regnante in interi Paesi (vedi la Libia) non è pensabile prendere decisioni che abbiano un minimo di efficacia senza Mosca o addirittura contro Mosca. Al contrario appianare i dissidi tra l’Occidente (Stati Uniti in testa) e Putin potrebbe aprire nuove vie per la pace e per la difesa dei cristiani perseguitati, molti dei quali (e questo il Cremlino certamente non lo ignora) sono ortodossi. In tale scenario la vicinanza temporale (quasi certamente solo una coincidenza) tra la fine del G7 (dove ovviamente Putin non era presente) e questa odierna visita non fa che amplificare l’effetto del “messaggio” del Pontefice. Resta, infine, sullo sfondo – come già ricordato – la visita a Mosca. Ushakov ha fatto notare che non si tratta di una questione soltanto politica, necessitando soprattutto del placet di Kirill. E anche in Vaticano si tengono separati i rapporti bilaterali rispetto alle questioni ecumeniche. Ma è ovvio che il dialogo con le autorità del Cremlino non può che aiutare.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: