venerdì 16 giugno 2023
La Federazione delle associazioni familiari europee (Fafce) ha promosso un incontro tra varie realtà della società civile e delle Chiese presenti nel Paese in guerra
Ucraina, un Paese da ricostruire con il contributo delle famiglie

Ucraina, un Paese da ricostruire con il contributo delle famiglie - ANSA

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Una conferenza internazionale sulla famiglia sotto i missili che cadono a Kiev. Può sembrare paradossale ma è quello che è capitato nei giorni scorsi, quando la Federazione delle associazioni familiari europee (Fafce) ha deciso di sollecitare un incontro tra varie realtà della società civile e delle Chiese presenti in Ucraina.

Incontro simbolico ma anche segnale preciso sulla via di una ricostruzione che è già iniziata. E le fondamenta del futuro, è stato ribadito, si gettano proprio mettendo al centro la famiglia che in questo biennio di guerra ha sopportato di tutto.

L’emigrazione forzata, la crisi economica, l’impegno di tanti uomini e di tante donne sul fronte e le numerose vittime civili e militari, non hanno fatto che aumentare in maniera tragica e cruenta la crisi demografica già in corso. Già un anno prima dell’invasione russa, il tasso di fecondità in Ucraina era di 1.16 figli per donna, tra i più bassi del pianeta.

Anche se le statistiche ufficiali non sono ancora disponibili, le stime indicano per il 2023 un tasso di 0.55, inferiore anche a quello della Corea del Sud, che ad oggi detiene il poco invidiabile record del tasso di fecondità più basso al mondo (0.78 nel 2022). Parlare del futuro della famiglia mentre i combattimenti non hanno tregua, è stato sottolineato, ha quindi un significato preciso. Anzi, come detto da diversi intervenuti, non è meno importante della difesa nazionale.

«A cosa serve difendere il Paese e i suoi confini, se tra qualche anno non avremo più nessuno che vi potrà vivere?». Tanto per ribadire che la questione demografica ha una forte valenza geopolitica e, in prospettiva futura, a parere degli esperti presenti, un ministero delle politiche familiari non va considerato meno rilevante di quello della guerra.

Il segretario generale Fafce, Nicola Speranza, che ha guidato la delegazione delle associazioni familiari europee, ha invitato a non ripetere gli errori del passato «perché – ha spiegato – investire nella famiglia non significa investire nell’espressione di potenza dello Stato, ma nel futuro. E qui stiamo già costruendo l’Ucraina di domani».

Difficile però riproporre modelli già adottati in altri Paesi, anche perché l’Ucraina non solo ha bisogni specifici relativi alla tragedie della guerra, ma intende conservare tradizioni e cultura, alla ricerca di una terza via, alternativa sia alla restaurazione dell’influenza russa, sia al consumismo e all’individualismo occidentali. In questo senso la buona notizia del Vangelo della famiglia – è stato riconosciuto da tutti – appare fondamentale.

A margine dell’incontro, la delegazione Fafce ha avuto modo di incontrare sia Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore, capo della Chiesa greco cattolica ucraina – che ha richiamato la necessità di non ignorare nella ricostruzione che verrà la posizione delle Chiese e dei loro fedeli – sia il nunzio apostolico in Ucraina, Visvaldas Kulbokas.

Importante scambio di opinioni anche con Radoslaw Zmitrowicz, vescovo ausiliare di Kamyanets-Podilskyi e responsabile della Commissione famiglia e vita della Conferenza episcopale di rito latino in Ucraina, che fin dal 2018 invia un osservatore alle riunioni del Consiglio di presidenza della Fafce.

È stato lui ad accompagnare la delegazione dell’associazionismo familiare europeo al Centro di riabilitazione post-traumatica di Khmelnytskyi, in via di costruzione, e alla casa famiglia gestita dai Padri Paolini a Bilohir’ya, che al momento accoglie anche rifugiati provenienti dal Donbass.

Esempi di come la ricostruzione post bellica non potrà che passare dal realismo e dalla concretezza delle famiglie e delle associazioni che le rappresentano con la loro grande voglia di pace. Ecco perché la frase di papa Francesco («Madri e padri, al di là della loro nazionalità, non vogliono la guerra») è diventato lo slogan delle famiglie ucraine.

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