venerdì 14 gennaio 2011
Dopo giorni di proteste represse nel sangue il presidente Ben Ali ieri sera ha annunciato che nel 2014 non si ricandiderà e di aver ordinato «la riduzione dei prezz». Intanto il ministro degli esteri non esclude un governo di unità nazionale.
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Un governo di unità nazionale in Tunisia  è "del tutto fattibile" ed "anche normale". Lo ha detto questa mattina il ministro degli esteri tunisino Kamel Morjane alla radio francese Europe 1.Nonostante il discorso di ieri del presidente Ben Ali, sarebbe confermato lo sciopero indetto per stamani alle 11 a Tunisi dalla centrale sindacale dell'Ugtt.Il coprifuoco non ha disinnescato la rivolta. La Tunisia brucia. In fiamme le strade della capitale, in fiamme le città di Ben Arous, di Gabes, di Sliman. Saccheggi, scontri, cariche. La polizia ha sparato ancora. Si contano i morti: almeno otto solo nella giornata di ieri. E oggi il Paese si fermerà per lo sciopero generale che rischia di generare nuove tensioni.La faccia del presidente tunisino Zine al-Abidine Ben Ali – salito al potere dopo un colpo di stato incruento nel 1987 e che nel 2009 ha “conquistato” il quinto mandato con 89,6 per cento dei voti in una elezione giudicata da molti come una «farsa» – è tornata sugli schermi della televisione di Stato. La seconda volta in pochi giorni. Ben Ali ha tentato di salvare il salvabile. Annunciando che non si ricandiderà nel 2014 e che quindi non modificherà la Costituzione per ottenere un nuovo mandato. Vietando poi l’uso della forza contro i manifestanti, e aprendo alla libertà di stampa e Internet: «Consentirò l’organizzazione di libere manifestazioni, pacifiche e civili». Non solo: il presidente ha annunciato che saranno tagliati i prezzi di pane, latte e zucchero. Subito dopo l’apparizione in tv, la gioia è esplosa nelle strade. «Abbiamo avuto quello che volevamo – ha spiegato un ragazzo –: la libertà , la libertà di stampa, la democrazia». Nella notte tra mercoledì e giovedì gruppi di centinaia di giovani avevano sfidato le autorità nella capitale in un crescendo di violenze che ha fatto salire a 66 il numero complessivo dei morti. Il tragico bilancio è stato denunciato da Parigi dal responsabile della Federazione Internazionale per i Diritti Umani, una cifra molto diversa da quella ufficiale fornite dal governo di 23 morti, e sicuramente destinata a salire. Solo nella notte ci sarebbero state circa otto vittime della violenza esplosa nelle strade di Tunisi mentre testimoni oculari parlano di circa 10mila persone che hanno marciando per le strade di tutto il Paese. Nella capitale raffiche e colpi di arma da fuoco sono tornati a risuonare a ripetizione nel centro, nei cui pressi poco prima le forze di sicurezza avevano disperso con i gas lacrimogeni l’ennesima manifestazione di protesta.La polizia tunisina ha isolato dal resto della capitale la principale zona commerciale, dove sono scoppiati nuovi scontri con i dimostranti a poche centinaia dalla sede della Banca Centrale e dai terminal principali di autobus e tram. Gli agenti in assetto anti-sommossa hanno impedito a chiunque di accedere all’area dei disordini, dalla quale si levavano colonne di fumo nerastro. Isolato il quartier generale della Ugtt, il principale sindacato tunisino. Proprio in questi scontri un’altra vittima è stata falciata dalle pallottole della polizia dopo che un nuovo tentativo della folla di marciare sulla Medina, la città vecchia, era stato respinto dagli agenti in assetto anti-sommossa con ripetute cariche e con un fitto lancio di lacrimogeni. Secondo testimoni, un altro dimostrante sarebbe rimasto ferito. Stessa sorte per un giornalista francese, colpito da un proiettile a una gamba. Nella capitale scarseggiano i generi alimentari. Pane introvabile, scaffali dei supermercati vuoti, moltissimi negozi chiusi. Lunghi serpentoni si sono formati anche alle pompe di benzina dove stazionano mezzi blindati e unità dell’esercito. A Biserta un altro giovane era stato crivellato dai colpi della polizia. Secondo le accuse dei sindacati, polizia e esercito si sarebbero dileguati, lasciando mano libera a sciacalli e saccheggiatori. A Gabes a sparare sui dimostranti sarebbero stati militari dell’esercito. Oltre ai sei morti, vi sono anche diciotto feriti, alcuni in gravi condizioni. Altre due le vittime nella città di Sliman. Non mancano poi notizie di nuovi suicidi-protesta come quello a Buchan di un ragazzo di 30 anni che si è ucciso con una scossa elettrica per protestare contro la sua situazione sociale. Intanto, secondo quanto confermato da Parigi e Berna, ci sarebbero anche un cittadino francese e uno svizzero tra i civili rimasti uccisi: entrambi avevano la doppia nazionalità. Il primo si chiamava Hatem Bettahar, 38 anni, professore incaricato di Informatica presso l’Università della Tecnologia di Compiegne, in Piccardia;
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