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Il Palazzo di giustizia di Tunisi - Reuters
Al termine di un processo senza precedenti "per cospirazione", il Tribunale antiterrorismo di Tunisi ha emesso condanne dai 13 ai 66 anni di reclusione nei confronti di una quarantina di imputati, tra cui molti esponenti dell'opposizione. Gli imputati sono stati ritenuti colpevoli di "cospirazione contro la sicurezza interna ed esterna dello Stato" e "appartenenza a un gruppo terroristico", ha detto un funzionario del servizio antiterrorismo. Tra i condannati ci sono noti avvocati e imprenditori che osteggiano il regime del presidente Kais Saied.
Alcuni dei condannati sono in carcere dal loro arresto due anni fa, altri sono in libertà e alcuni sono in esilio all'estero. Ieri sera, durante la terza udienza di questo processo senza precedenti per numero di imputati, diversi avvocati della difesa hanno protestato dopo che il giudice ha terminato di leggere l'atto di accusa e sottoposto la sua decisione alla discussione, senza alcuna risposta o argomentazione della difesa.
Tra le figure di spicco del processo figurano il leader del partito Al Joumhouri, Issam Chebbi, il co-fondatore della principale coalizione di opposizione (Fronte di Salvezza Nazionale), Jawhar Ben Mbarek, e l'ex leader del partito islamista Ennahdha, Abdelhamid Jelassi, oltre agli attivisti Khayam Turki e Chaïma Issa e l'imprenditore Kamel Eltaïef.
Dall'inizio del processo, il 4 marzo scorso, gli avvocati della difesa hanno chiesto che tutti gli imputati comparissero in tribunale e almeno sei di loro hanno iniziato uno sciopero della fame per affermare questo "diritto fondamentale". La difesa ha definito il caso "vuoto", mentre la ong Human Rights Watch ha accusato il presidente tunisino di usare "il sistema giudiziario per attaccare oppositori e dissidenti".
Il Comitato tunisino per la difesa dei detenuti ha denunciato quella che ha definito "la fine della saga di invenzioni, violazioni e attacchi ai diritti fondamentali" dei cittadini, dichiarando di non riconoscere la "legittimità" delle sentenze. Gli avvocati hanno affermato che la Quinta Camera penale del Tribunale di primo grado di Tunisi si è ritirata per deliberare e pronunciare il verdetto solo trenta secondi dopo aver respinto le richieste di rinvio e ordinato la cancellazione dei nomi dei tre imputati che avevano presentato ricorso in Cassazione. Nessuno degli imputati, che erano stati rilasciati su cauzione, è stato ascoltato. "L'accaduto è una chiara dimostrazione dell'innocenza di quanti sono perseguiti in questo processo - dichiara il Comitato -, malgrado la determinazione di chi ha orchestrato questo caso per nascondere i crimini di falsificazione, manipolazione e diffamazione, privando l'opinione pubblica della verità". E' stato inoltre criticato l'uso della videoconferenza come metodo "per nascondere le azioni di coloro che hanno montato questo caso". Gli avvocati hanno denunciato anche l'esclusione dei media, delle famiglie dei detenuti e dei cittadini.
La Tunisia figura nell'elenco dei Paesi extra-Ue che l'Italia, dal 2019, considera "sicuri" per il rimpatrio dei migranti. Il 16 luglio 2023 il presidente Saied e l'Unione Europea hanno firmato un memorandum d'intesa che prevede fondi di assistenza a Tunisi per frenare le partenze di migranti. Pochi mesi dopo, il governo italiano e quello tunisino hanno firmato un memorandum per l'ingresso in Italia di una quota annuale di 4mila lavoratori dipendenti tunisini.