giovedì 24 febbraio 2011
Al telefono con la televisione di Stato, il Colonnello ha promesso autonomia alle regioni, ma ha anche accusato al-Quaeda di drogare i giovani per istigarli alla rivolta. Libia spaccata in due: Tripoli nelle mani di Gheddafi e il resto del Paese ai rivoltosi, che minacciano di marciare verso la capitale. La città di Zawia è stata bombardata. In un video le fosse comuni sulla spiaggia di Tripoli. I morti sarebbero 10 mila. Alitalia ha sospeso i voli. Benedetto XVI ha richiamato l'urgenza di risolvere i conflitti apertisi in Medio Oriente. Prove di democrazia 2.0 | Il direttore di Caritas Libia: da qui non ci muoviamo | Obama: violenza mostruosa
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l leader libico Muammar Gheddafi alle 15 ha iniziato a parlare alla tv di Stato libica in collegamento telefonico. Gheddafi ha offerto le condoglianze alle famiglie degli ufficiali e degli uomini della sicurezza lealisti morti durante gli scontri contro i rivoltosi anti-regime. "Se volete questo caos siete liberi. E se volete continuare a combattere fra loro, continuate pure": è quanto ha detto rivolgendosi agli abitanti di Zawia, a ovest di Tripoli, teatro di violenti scontri tra lealisti e rivoltosi. "Questa gente non ha richieste. Le loro richieste vengono dettate da Bin Laden. I vostri figli sono manipolati da Bin Laden". "Sono criminali, non è accettabile chiedere riforme in questo modo". La rivolta in Libia "è una farsa portata a cui dovremmo porre fine, una farsa portata avanti dai giovani" che "vengono manipolati anche attraverso l'uso di droghe". Al Qaida "vuole creare un emirato islamico in Libia" e ha invitato "il popolo libico a non unirsi agli uomini di Bin Laden". "Se la situazione peggiorerà si interromperà anche il flusso del petrolio". Poi ha esortato i libici ad una jihad contro i rivoltosi così come "quando gli italiani colonizzarono una nostra terra ci fu una jihad contro gli italiani".LIBIA SPACCATA IN DUELibia spaccata in due: Tripoli nelle mani di Gheddafi e il resto del Paese, Cirenaica in particolare,ai rivoltosi che alzano il tiro e minacciano di marciare verso la capitale. Furibondi per la feroce repressione scatenata dal regime di Gheddafi nella Libia occidentale, i ribelli che si sono impadroniti praticamente di tutta la parte est del Paese, fino alla frontiera con l'Egitto, hanno avvertito oggi che marceranno sulla capitale: "Il nostro obiettivo è Tripoli", ha ammonito uno dei rivoltosi. "Se Tripoli non riesce a liberarsi da sola", ha puntualizzato. E il ramo nordafricano di Al Qaeda si è schierata a fianco dei dimostranti accusando Gheddafi di essere "assassino di innocenti".Il leader libico ha annunciato dal bunker di Bab al-Aziziya Tripoli un nuovo discorso in tv ai cittadini della città di Zawia, a 40 chilometri a ovest della capitale, dove stamane sono state lanciate bombe e missili che hanno distrutto la moschea con un bilancio di 40 morti e decine di feriti. Nella città si è concentrata un'elevata quantità di truppe governative, lungo la principale arteria che collega la Libia occidentale con quella orientale: hanno riferito testimoni oculari. "C'è una presenza dell'esercito molto pesante, con posti di blocco ovunque, ai quali è sottoposto a controlli chiunque passi". Il rais sta raccogliendo truppe a Tripoli per difendere la città dai rivoltosi. Secondo il New York Times migliaia di mercenari e brigate speciali di polizia, guidate dai figli del colonnello, starebbero arrivando nella capitale libica e si stanno ammassando nelle vie. Intanto i rivoltosi si preparano alla loro prima dimostrazione nella capitale: un messaggio circola sui telefonici riguardo a una mega protesta per domani.Il leader però continua a perdere 'pezzì importanti e oggi anche il capo dei servizi di sicurezza di Bengasi, il colonnello Ali Huowaidi, si è dimesso e si allineato con i rivoltosi. Parole di rassicurazione arrivano intanto dal figlio del rais, Saif al Islam che oggi ha negato che ci siano stati bombardamenti sui manifestanti e anche che siano state assassinate "centinaia o migliaia di persone". Saif ha anche accusato apertamente l'Egitto di una "cospirazione" che punterebbe a rovesciare il regime nel suo Paese. BENEDETTO XVI: RISOLVERE I PROBLEMI IN MEDIORIENTEBenedetto XVI ha parlato questa mattina con il Presidente del Libano Suleiman dei "recenti avvenimenti in alcuni paesi arabi". In proposito, afferma una nota vaticana, "è stata espressa la comune convinzione che è urgente risolvere i conflitti ancora aperti nella Regione".ALITALIA SOSPENDE I VOLIL'Alitalia ha sospeso i voli di linea con Tripoli. "A causa dell'aggravarsi della situazione presso l'aeroporto di Tripoli - afferma l'Alitalia in una nota - dove è compromessa la possibilità per i passeggeri di raggiungere i gate d'imbarco, non funzionano i collegamenti telefonici interni e internazionali, sono a rischio le misure di sicurezza e i servizi di handling e di assistenza - Alitalia, in linea con quanto deciso da altre compagnie aeree,  sospende i voli di linea sulla destinazione fino a che non saranno ripristinate le necessarie condizioni operative".FOSSE COMUNI NELLE SPIAGGEIl video dura un minuto e mezzo e inquadra la spiaggia di Tripoli. Decine di persone scavano la sabbia. Fosse. Ordinate, una accanto all’altra, alcune già coperte dal cemento. Il lungomare della capitale è un enorme cimitero. Nelle strade i cadaveri sono dappertutto, si temono epidemie. Il bilancio ufficiale del governo, dopo nove giorni di scontri, parla di 300 morti. Mille secondo fonti locali concordanti. Diecimila per la Tv al-Arabiya che cita un esponente libico della Corte penale internazionale. Mentre sarebbero 50mila i feriti. Sarà più facile verificare nei prossimi giorni: centinaia di giornalisti stranieri stanno entrando nel Paese dal confine egiziano, che risulta libero, non controllato. E il regime ha già preso provvedimenti:  i reporter arrivati «illegalmente» sono da considerarsi «fuorilegge», ha detto il vice-ministro degli Esteri.Tripoli è congelata in una calma che sa solo di paura. Dopo i bombardamenti dei giorni scorsi, le forze di sicurezza sono riuscite a riprendere il controllo della città. E in Piazza Verde si è radunato un piccolo corto di sostenitori di Gheddafi. La televisione di Stato parla in continuazione di «ritorno alla normalità», invita a «non credere alle voci diffuse dalle Tv satellitari pagate per fare una guerra psicologica». Alcuni manifestanti si sono visti arrivare sul cellulare un Sms del governo che li invita a tornare al lavoro. Ma in strada non c’è nessuno. I negozi sono chiusi. E in molti distretti gli abitanti si sono barricati nelle case per sfuggire alle «squadre della morte» in borghese. «Abbiamo messo divani e mobili davanti alla porta – ha raccontato una donna ad al-Jazeera – per cercare di impedirgli di entrare in casa, come hanno fatto in altre palazzine».La capitale resta comunque un’“isola” nel Paese. I rivoltosi sono convinti che il regime controlli ormai solo Tripoli e la città meridionale di Sebha. Tutti gli altri centri a ovest e a nord del Paese starebbero passando nelle mani degli oppositori. Al-Jazeera ha riferito che tra le ultime a “cadere”, ieri, è stata Misurata, sulla costa. L’Est è invece consolidato agli oppositori. A Bengasi, Beida, Derna, Tobruk la popolazione festeggia la «liberazione» sventolando le bandiere verde-rosso-nero pre-Gheddafi. Mentre il governo libico agita lo spettro del fondamentalismo (a cui, peraltro, tutta la parte orientale della Libia è stata sempre sensibile). In una riunione con gli ambasciatori Ue a Tripoli, il vice-ministro degli Esteri Khaled Kaim ha detto che al-Qaeda avrebbe istituito a Derna un «emirato islamico» guidato da un ex prigioniero di Guantanamo, Abdelkarim al-Hasadi. La rete di Benladen avrebbe piazzato un altro uomo, Kheirallah Baraassi a Beida, come numero due dell’Emirato. L’obiettivo finale sarebbe quello di una «talebanizzazione» della Libia. Ma non è certamente questo l’unico “timore” del governo, che sembra sempre più isolato. Le unità dell’Esercito, una dopo l’altra, voltano le spalle al regime. E gli episodi le diserzioni si moltiplicano. Due navi militari che avevano ricevuto l’ordine di «bombardare Bengasi dal mare» si sono ribellate e si trovano ora la largo di Malta. Si sono ammutinati anche i piloti di un caccia dell’Aeronautica militare, che si sono paracadutati al suolo, facendo schiantare l’aereo in una zona desertica, pur di non obbedire all’ordine di tirare su Bengasi. E per non bombardare i pozzi, come gli era stato ordinato da Gheddafi, ha disertato il capo della brigata di sicurezza di Tobruk, che si è unito ai manifestanti.Intanto, continua la fuga degli stranieri residenti nel Paese (che rappresentano un terzo della popolazione libica). L’aeroporto di Tripoli è l’unica zona della città dove regna il caos. «I passeggeri si battono per salire a bordo», ha raccontato il comandante di un volto maltese. Diversi governi stranieri, occidentali ma soprattutto di Paesi orientali (si stima siano 100mila gli asiatici presenti in Libia), stanno organizzando evacuazioni di massa. Con ogni mezzo. Il Dipartimento di Stato americano ha noleggiato due grandi catamarani maltesi per arrivare in Libia dopo che sono stati negati i permessi di atterraggio per aerei civili o militari statunitensi. Pechino ha iniziato l’evacuazione di 33mila cinesi inviando un aerei e una flotta di bus al confine egiziano. L’India ha mandato una nave della Marina per riportare a casa 18mila connazionali. Londra sta organizzando voli charter per i 3.500 cittadini britannici. Sono già 800 gli italiani rientrati.  Barbara Uglietti
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