giovedì 13 novembre 2008
Mossa a sorpresa del presidente sudanese el-Bashir che annuncia il cessate il fuoco immediato e senza condizioni. I ribelli non ci stanno. Scetticismo degli analisti.
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Con una mossa inaspettata il presidente sudanese Omar Hassan el-Bashir ha annunciato ieri un cessate il fuoco immediato e senza condizioni nel Darfur, la regione occidentale del Sudan martoriata da una guerra civile iniziata nel 2003 e costata la vita a 300mila persone. L'annuncio è arrivato a conclusione della Conferenza di Khartum iniziata 10 giorni fa, organizzata allo scopo di trovare una soluzione pacifica al conflitto. Al fianco di el-Bashir il presidente eritreo Issaias Afewerki (non certo un campione di gustizia e libertà, sottolineano gli osservatori), unico capo di Stato che ha partecipato alla Conferenza, alla quale non hanno invece voluto partecipare le fazioni del Darfur coinvolte nel conflitto. «Annuncio il nostro cessate il fuoco immediato tra le forze armate e le fazioni in guerra " ha dichiarato el-Bashir " posto che cominci a funzionare un meccanismo efficace di monitoraggio e sia osservato da tutte le parti coinvolte». «Avvieremo una campagna immediata per disarmare le milizie " ha aggiunto il presidente sudanese " e per contenere l'uso delle armi tra le forze armate». El-Bashir ha anche esortato le fazioni ribelli ad aderire alla tregua, ma dai gruppi armati non sono però emersi segnali concilianti. Uno dei due principali movimenti ribelli del Darfur, il Jem (Movimento per la giustizia e l'uguaglianza) ha anzi già respinto l'invito fatto dal presidente sudanese. «È necessario un accordo quadro che garantisca i diritti che il movimento ha strappato " ha detto un portavoce del Jem, Suuleiman Sandal " , non possiamo fermare i combattimenti in cambio di nulla». Nessuna dichiarazione è venuta per ora dall'altro movimento ribelle più importante del Darfur, il Movimento per la liberazione del Sudan (Slm/Sla), che con il Jem ha dato l'avvio alle azioni di rivolta contro il governo nel febbraio 2003. Gli scontri hanno provocato negli anni la fuga di oltre due milioni di persone. Entrambi i movimenti ribelli avevano già espresso una posizione scettica sull'«iniziativa del popolo sudanese» (così è stata da loro definita la Conferenza di Khartum), affermando che si trattava solo di un'iniziativa del governo per tentare di calmare le critiche del mondo occidentale contro Khartum per le violenze in Darfur. Alla Conferenza hanno partecipato rappresentanti del partito di governo, il National Congress, alcuni delegati del governo di unità nazionale e dei partiti di opposizione tradizionale, Dup (Democratic Unionist Party) e Umma. Scetticismo sull'annuncio di el-Bashir è stato espresso anche da parte di molti analisti, che sottolineano come già in passato il regime sudanese abbia alternato il suo appoggio alle sanguinarie milizie janjaweed a toni più morbidi, che di fatto non hanno però mai inciso sulla pacificazione della regione. Nel luglio scorso il procuratore argentino Luis Moreno-Ocampo della Corte penale internazionale (Cpi) aveva emesso un mandato d'arresto nei confronti del presidente sudanese, reclamato alla sbarra dalla corte dell'Aja con le accuse di genocidio, crimini di guerra e contro l'umanità in relazione alla crisi del Darfur. Khartum aveva dichiarato di non riconoscere la decisione della Corte, definita «illegittima» e di aver approntato propri tribunali per punire i responsabili delle violenze. Nella regione occidentale sudanese sono operativi da tempo contingenti di una forza di pace ibrida Onu-Unione Africana, che poco però hanno potuto contro il dilagare degli scontri armati.
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