lunedì 22 gennaio 2018
Cresce la mobilitazione. E anche alcuni piloti della compagnia aerea israeliana stanno protestando contro il progetto del governo di Benjamin Netanyahu
La protesta dei rifugiati eritrei davanti all'ambasciata del Ruanda a Herzliya, a nord di Tel Aviv (Ansa)

La protesta dei rifugiati eritrei davanti all'ambasciata del Ruanda a Herzliya, a nord di Tel Aviv (Ansa)

COMMENTA E CONDIVIDI

Almeno tre piloti della El Al, la compagnia di bandiera israeliana, hanno annunciato di non voler partecipare alle deportazioni degli immigrati africani in Ruanda e Uganda (i due "Paesi terzi" scelti) proposte dal governo del premier Benjamin Netanyahu. Lo ha riportato "Times of Israel", precisando che la mossa è perlopiù simbolica, visto che El Al non ha voli diretti verso i due Paesi di destinazione e i rimpatri dei migranti vengono effettuati utilzzando altre compagnie aeree. L'autorità israeliana per l'aviazione e il sindacato piloti hanno riferito che già più di 7.500 persone hanno inviato appelli a «non mandare i rifugiati in luoghi dove le loro vite sono in pericolo».

«Non farò volare i rifugiati verso la morte. Non parteciperò a questa barbarie», ha scritto su Facebook uno dei piloti, Iddo Elad. Un altro pilota, Shaul Betzer, ha scritto, sempre su Facebook, che «come pilota e come essere umano non intendo partecipare in alcun modo al trasporto dei rifugiati in un luogo dove le possibilità di sopravvivenza, per loro, sono ridotte a zero». Un terzo pilota, Yoel Piterbarg, ha pubblicato un post sullo stesso social in cui evidenzia il «dovere di prendersi cura dei rifugiati».

Il piano di deportazione

La mobilitazione è diretta contro un controverso progetto del governo israeliano di Benyamin Netanyahu per deportare in Ruanda e Uganda i migranti africani illegali, anche quelli che non provengono da questi due Paesi. Il piano è stato votato il mese scorso dalla Knesset, il Parlamento israeliano, e prevede la deportazione forzata, a partire da marzo, di 38.000 richiedenti asilo, quasi tutti eritrei e sudanesi, che sono entrati illegalmente in Israele dagli anni 2000.

L'appello degli scrittori israeliani

Contro il progetto si sono pubblicamente schierati 35 scrittori israeliani, fra cui Amos Oz, David Grossman, Abraham Yehoshua, Edgard Keret, Meir Shalev, Zeruya Shalev, Orly Castel Bloom. «La nostra storia come popolo ebraico non lo permette», hanno sottolineato in una lettera al premier Benjamin Netanyahu. «Israele non ha un problema di profughi e non ha problemi conomici nell'accoglierli», hanno aggiunto i firmatari della lettera ammonendo che nei Paesi dove li si vuole mandare, i profughi «sono attesi da torture e anche esecuzioni».

Un gruppo di rabbini ha esortato gli israeliani a nascondere i migranti africani, in ricordo di Anna Frank.

La replica di Netanyahu: «Asilo solo ai profughi veri»

Netanyahu ha seccamente respinto le critiche giunte dagli scrittori e dagli esponenti del mondo accademico. «Israele - ha detto il premier - continuerà ad offrire asilo ai profughi veri, mentre farà uscire gli infiltrati illegali in cerca di lavoro», entrati in anni passati attraverso il deserto del Sinai. «Abbiamo messo a punto - ha assicurato - accordi che garantiscono la loro sicurezza personale, la possibilità di lavorare e di inserirsi nello Stato».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: