giovedì 10 giugno 2010
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Da una parte c’è un Paese stremato dalla miseria. Dall’altra il gigante asiatico che vuole conquistare il mondo. Di qui la carestia e la politica “folle” del dittatore Kim Jong-il, che costruisce armi nucleari, sfida la comunità internazionale e affama la popolazione del suo Paese. Dall’altra la politica del figlio unico che sta infliggendo profonde ferite all’equilibrio sociale del Dragone. Ad allacciare Corea del Nord e Cina – con la prima che gravita politicamente, economicamente e militarmente nell’orbita della seconda – è sempre di più un traffico “particolare”. Di donne. La denuncia arriva da AsiaNews, che ha ripreso un’inchiesta del reporter giapponese dell’Asahi, Daisuke Nishimura. Per la drammatica mancanza – si calcola che in Cina nascano circa 119 maschi per 100 femmine e che in alcune province il gap esploda a 130 maschi contro 100 femmine – si “acquistano” donne dal Paese vicino. Che in alcuni casi vengono date in moglie. In altri, avviate alla prostituzione. Secondo i dati delle autorità cinesi nel 2009 sono entrati in Cina, fuggendo dal proprio Paese, circa 25-30 mila nord-coreani. Del 40 per cento che rimangono, la maggioranza è composta da donne. Il confine – un “serpentone” che si snoda per 1.415 chilometri – è decisamente “poroso” ed è la via preferita per chi tenta la fuga dalla Corea del Nord perché – dati i rapporti di amicizia tra Pechino e Pyongyang – i controlli di polizia sono blandi. Si calcola che, attualmente in Cina, vivano illegalmente da 300 a 400mila nord-coreani. «Tra loro – scrive AsiaNews – molte giovani donne sono oggetto dell’ignobile traffico umano, realizzato da un’organizzazione non vasta, ma ben organizzata. Si tratta di circa 150 "broker" cinesi etnico-coreani con cellule nella Corea del Nord. La loro padronanza della lingua conquista facilmente la fiducia delle fuggitive. Dai manager degli hotel e bathhouses del Sud vengono le ordinazioni alle quali rispondono i "broker" con la collusione delle guardie di confine cinesi».Una delle vittime del traffico ha raccontato che ogni anno aiuta da 40 a 50 nord-coreani a passare il confine. Con «riluttanza». ha anche riferito di avere visto nel mese di novembre un gruppo di giovani donne del Nord attraversare il fiume. «Vestivano abiti cenciosi e tremavano dal freddo». Un "broker" coreano le accolte dal lato cinese e ha offerto un semplice piatto di carne che esse hanno subito divorato. «Le donne, alcune non ancora ventenni, hanno poi indossato abiti puliti che il "broker" aveva preparato per loro e sono state trasportate nella Cina meridionale, dove saranno arruolate come prostitute».Secondo altre fonti di informazione, il “cliente” paga il "broker" in Cina da 6 a 7mila yuan per ogni giovane nord-coreana: 4mila yuan vanno nelle tasche della guardia di confine cinese e mille in quelle della guardia coreana. I "broker", ha spiegato il reporter dell’Asahi, non vedono segni di declino della loro attività commerciale. Uno di loro dice: «Quanto più la Corea del Nord diventa povera e miserabile, tanto più denaro guadagniamo».Il traffico serve in qualche modo a “tamponare” un vulnus cinese. La politica del figlio unico – perseguita per frenare l’esplosione demografica del Dragone –, oltre ad aver provocato un numero altissimo di aborti di bambine, rischia di fare collassare gli equilibri sociali del gigante asiatico. E di ridimensionare le sue ambizione geo-politiche. Un dato su tutti: secondo Joel Kotkin, della Chapman University, tra il 2000 e il 2050 la popolazione americana di età compresa tra i 15 e i 64 anni aumenterà del 42 per cento, mentre la stessa fascia diminuirà del 10 per cento in Cina. Ma è soprattutto il disequilibrio tra maschi e femmine ad allarmare. Si calcola che l’eccesso di uomini raggiungerà il 20% già attorno al 2030, quando circa 1,6 milioni di maschi all’anno rischierà di non potersi sposare.Un’inchiesta della rivista britannica The Economist ha alzato il velo su una piaga che ha prodotto un vero massacro di bambine. La cifra spaventosa di cento milioni di bimbe mai nate nel mondo ha spinto la rivista a parlare di «genericidio». Un fenomeno che sta conoscendo una nuova esplosione. L’eliminazione dei feti femminili, scrive la rivista, «è una conseguenza di tre fattori: la radicata e antica preferenza per i figli maschi, la moderna propensione a creare famiglie piccole e l’uso di tecnologie a ultrasuoni che permettono di identificare con certezza il sesso del bambino».
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