venerdì 9 aprile 2010
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La giornalista Diana Magnay chiede al cardinal Bagnasco se pensa che vi sia una campagna di attacchi contro il Papa orchestrata dai nemici della Chiesa.Il cardinal Bagnasco risponde: Certamente guardo i fatti e sembra che ogni parola, ogni atto del Santo Padre non vada bene a certe persone, o in certi ambienti. Sembra che li irritino. Uno si deve chiedere perché.Magnay: Monsignor Charles Scicluna, il procuratore capo del Vaticano, ha parlato di una diffusa cultura della segretezza qui in Italia. E’ questo il caso?Bagnasco: La Chiesa ha sempre perseguito e dato delle indicazioni di massima trasparenza e fermezza nell’affrontare questo crimine, così come altri tipi di crimini che possono essere commessi. Dunque non c’è stata una “cultura del silenzio” imposta o predicata dalla Chiesa, a nessun livello.Magnay: Ci sono però due problemi. C’è il problema dei preti pedofili che la Chiesa dice che sta affrontando e c’è il problema di chiamare i vescovi a rendere conto. Che cosa state facendo per risolvere la seconda questione?Bagnasco: E’ sotto gli occhi di tutti il fatto che diversi vescovi di varie nazioni – una volta trovati responsabili di non essere prontamente intervenuti contro alcuni preti, e avere nascosto i fatti – si sono dimessi.Magnay: Ma quelle dimissioni sembrano essere arrivate come decisione personale da parte dei sacerdoti più che come decisione del Vaticano?Bagnasco: Il Santo Padre ha immediatamente accettato le dimissioni di quei vescovi. E io penso che in alcuni casi quelle dimissioni siano anche state chieste.Magnay: Lei ha la sensazione che il Vaticano intenda stilare norme universali che ogni Chiesa debba poi seguire?Bagnasco: Le indicazioni fondamentali ad oggi sono quelle del Santo Padre nella Lettera alla Chiesa d’Irlanda. Quelle regole si applicano a quella Chiesa e a tutte le altre Chiese nel mondo. Mi sembra che quelle indicazioni richiamino fortemente a una più decisiva attuazione della santità del sacerdozio – degna di questa straordinaria vocazione – e che richiamino a vivere questa vita nella gioia del celibato ecclesiastico.
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