martedì 18 febbraio 2025
Il principe saudita è riuscito a far dimenticare agli Stati Uniti il caso Khashoggi e un mandato di cattura della Cia. Sul piatto 600 miliardi di investimenti e un ruolo di mediatore con l'Iran
Mohammed Bin Salman

Mohammed Bin Salman - Reuters

COMMENTA E CONDIVIDI

Un fiume di denaro per guadagnarsi la prima fila nei nuovi assetti della geopolitica secondo Trump, ed anche per poterne condizionare le tortuosità. L’omicidio di Jamal Khashoggi, firma del Washington Post, è acqua passata. E anche il mandato di cattura della Cia, seppure valido, non lo impensierisce. Merito dei 600 miliardi di dollari in investimenti sauditi, che per Trump sono un buon argomento. Il principe Mohammed bin Salman sa bene quale musica suonare a seconda dei commensali. E con “The Donald” la lingua dei verdoni segue una grammatica comune. I petrodollari rendono fertile i deserti e appianano le montagne. Che si tratti di Russia, di Iran, di Israele, bin Salman ha trovato il modo per comprarsi la scena. A confermare che il principe saudita sia tra gli artefici del riavvicinamento tra Washington e Mosca ci aveva pensato l’inviato speciale di Trump per il Medio Oriente, il promotore immobiliare Steve Witkoff, ringraziando il principe per «l’importante contributo» offerto in favore Marc Fogel, cittadino americano detenuto in Russia per quattro anni e da poco rilasciato. Il buon viatico per l’incontro nella capitale saudita tra il segretario di Stato Usa Mark Rubio e il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov, mandati a tracciare la strada del faccia a faccia tra Trump e Putin.
Poche ore prima del colloquio che ha riaperto i canali Mosca-Washington, il principe aveva di nuovo usato un argomento a quanto pare irresistibile. L’investimento negli Usa «potrebbe aumentare ulteriormente se si presentassero ulteriori opportunità», ha detto bin Salman a Trump. Secondo la Cnn, l’Arabia Saudita potrebbe mediare tra l’amministrazione Trump e l’Iran per raggiungere un nuovo accordo per rivedere il programma nucleare di Teheran, che secondo Riad potrebbe voler perseguire più che mai un’arma atomica, a meno di trovare un’intesa che possa prolungare la sopravvivenza del regime degli Ayatollah, a patto di ridimensionare le ambizioni regionali.
La tenda del principe è sempre aperta. Il 12 febbraio a gambe incrociate, sui tappeti tradizionali, nel campo allestito in una zona desertica di Al’-Ula, si è svolto così il bilaterale tra Giorgia Meloni e Bin Salman. Un tè nel deserto, addolcito dallo zucchero degli investimenti con cui l’Arabia Saudita ingolosisce i governi di cui, però, acquista anche il debito.
Ossigeno per le casse delle potenze con i conti in rosso. Fino a quando, tra una guerra e un accordo di pace, il principe che tutto può non passerà a chiedere il conto.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: