martedì 31 ottobre 2023
Arrestati e rilasciati dopo una settimana diversi membri del personale. Saccheggiato e devastato il Centro pediatrico di Nyala. Nella capitale Khartoum l'ong prosegue "faticosamente" l'attività
Il Centro pediatrico di Nyala, in Sud Darfur, devastato dopo l'arresto dello staff

Il Centro pediatrico di Nyala, in Sud Darfur, devastato dopo l'arresto dello staff - Emergency

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Mentre proseguono i combattimenti nella regione martoriata del Sud Darfur, in Sudan, giunge notizia che alcuni membri dello staff sudanese del Centro pediatrico di Emergency a Nyala sono stati tenuti in arresto per una settimana dalle Forze rapide di supporto (Rsf). Rilasciati stamani con le scuse di Rsf, stanno bene ma hanno trovato il Centro saccheggiato e devastato. Per questo, informa un comunicato, Emergency si trova costretta a sospendere l'attività del Centro pediatrico di Nyala.

Come si vede dalle immagini che pubblichiamo, sono stati danneggiati i locali e le attrezzature ma, quel che è peggio, "è stata violata la sicurezza dello staff sudanese che da due mesi gestisce l'ospedale in autonomia pur di garantire l’assistenza necessaria ai bambini, alle madri e ai pazienti cardiopatici di Nyala e dei centri vicini".

Il Centro pediatrico di Nyala, in Sud Darfur, devastato

Il Centro pediatrico di Nyala, in Sud Darfur, devastato - Emergency

"Dallo scoppio della guerra lo scorso 15 aprile - prosegue la nota dell'ong- il Centro ha continuato il proprio lavoro per garantire l’assistenza essenziale a una popolazione fortemente colpita dal conflitto. Nelle ultime tre settimane era rimasto aperto con grandi difficoltà a causa dell’intensificarsi dei combattimenti. I colleghi sudanesi sono stati i primi a chiedere di tenere aperto il Centro pediatrico. Vedono in prima persona l’impatto del lavoro di Emergency sulla propria comunità, ogni giorno, e per questo non si sono mai tirati indietro. Tuttavia, senza rassicurazioni sulla sicurezza dello staff, dei pazienti e sulla possibilità di lavorare in modo indipendente non sarà possibile riaprire l’ospedale".

Il Centro pediatrico di Nyala, in Sud Darfur, devastato

Il Centro pediatrico di Nyala, in Sud Darfur, devastato - Emergency

Anche nella capitale Khartoum, informa Emergency, "la gestione delle strutture sanitarie sta diventando sempre più difficile. La città è irriconoscibile, dilaniata dai bombardamenti che vanno avanti da oltre sei mesi, la maggior parte degli ospedali sono chiusi per inagibilità o perché non sono più in grado di garantire assistenza per la mancanza dei farmaci e del materiale necessario". A Khartoum l'ong prosegue "faticosamente" la sua attività anche con personale internazionale presso il suo Centro Salam di cardiochirurgia e il Centro di chirurgia di urgenza e traumatologia dove "scarseggiano i farmaci, i materiali di consumo e il carburante necessario a far funzionare i generatori. Mancano le autorizzazioni per far arrivare il materiale sanitario e manca anche il personale" in quanto "molti colleghi sudanesi hanno dovuto lasciare il Paese a causa dell’aumento dei combattimenti e vengono ricevuti con molta lentezza i visti per il personale internazionale che sta aspettando da mesi di entrare per dare il cambio ai colleghi".

Cosa succede in Sudan e perché c'è la guerra civile

Dal 15 aprile la guerra civile tra le forze regolari fedeli al capo dell'esercito Abdel Fattah al-Burhan e le forze paramilitari di supporto rapido (Rsf), comandate dal suo ex vice Mohamed Hamdan Daglo, ha ucciso più di 9.000 persone e provocato oltre 5,6 milioni di sfollati.

I due generali stanno cercando di guadagnare punti sul campo militare concentrando i loro sforzi su Nyala, la seconda città del Paese, che si trova nel cuore del Darfur.

Nella capitale Khartoum l'aviazione del generale Abdel Fattah al-Burhane non è riuscita a sloggiare i paramilitari delle Forze di supporto rapido (Sfr) del generale Mohamed Hamdane Daglo. Nel resto del Paese, l'esercito presidia l'Est mentre i paramilitari avanzano nel Darfur, il loro storico bastione al confine occidentale con il Ciad.

Se sul campo la situazione non si sblocca, a tutto danno della popolazione civile, sono in una fase di stallo anche i negoziati in corso a Gedda, mediati dall'Arabia Saudita. Nessuna delle due parti intende fare concessioni al tavolo delle trattative. Obiettivo dei colloqui è "facilitare la consegna di aiuti umanitari, stabilire un cessate il fuoco e procedere verso una cessazione permanente delle ostilità", ha detto l'altro giorno il ministero degli Esteri saudita, precisando che "i negoziati non affronteranno questioni politiche più ampie". I precedenti tentativi di mediazione si sono tradotti in tregue brevi, e anche queste sono state sistematicamente violate.

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