martedì 21 luglio 2009
Mentre nel Nord del mondo impazzano false cure e paure, i Paesi sottosviluppati fronteggiano la vera emergenza: è qui che la mancanza di numeri adeguati di medici di base, di laboratori attrezzati e di scorte di farmaci efficaci legittimano gli analisti a tracciare scenari drammatici.
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È nei Paesi con sistemi sanitari di base già precari che il vi­rus H1n1 rischia di scatena­re una pandemia dalle conse­guenze devastanti. In Africa, Asia e America Latina le autorità locali hanno annunciato misure pre­cauzionali contro la nuova in­fluenza, ma gli esperti temono che non saranno sufficienti. E che, so­prattutto, la gran parte dei Paesi del Sud del mondo non ha né i mezzi per combattere la malattia né una presenza capillare di me­dici di base e laboratori in grado di compiere test approfonditi sui pa­zienti. In Asia i Paesi finora più colpiti dal virus H1n1 sono la Thailandia (2.700 casi), la Cina (2.300), il Giap­pone ( 2.000) e le Filippine ( 1.700). E proprio dalle Filippine è giunto l’allarme su alcuni casi di una va­riante del virus Ebola tra i suini che, in caso di mutazioni, diven­terebbe pericolosa anche per l’uo­mo. Sarebbe un’ulteriore minaccia che andrebbe ad aggiungersi a quella della nuova influenza. In In­donesia, invece, il ministero della Salute ha parlato del rischio di u­na combinazione tra il virus del­l’influenza suina e quello dell’a­viaria. Preoccupazione anche a Bangkok, dove le autorità hanno chiuso oltre 450 scuole e 200 asili per effettuare una disinfestazione completa. Sono 285, invece, i con­tagiati dall’H1n1 in India. A Delhi le autorità stanno effettuando i controlli sugli studenti di una grande scuola pubblica, nella qua­le si sono finora registrati quattro contagi. In Africa, continente fino a poche settimane fa quasi immune dalla nuova influenza, l’allarme sta len­tamente salendo: si contano ormai 157 contagi in undici Paesi. L’Or­ganizzazione mondiale sella sanità ha istituito una squadra d’emer­genza che da Brazzaville, capitale del Congo, ha il compito di moni­torare la situazione. Diversi Paesi, come Egitto, Etiopia, Ghana, Ma­rocco e Gabon hanno stabilito maggiori controlli sanitari alle frontiere, nei porti e negli aero­porti. Proprio ieri le autorità del Cairo hanno riferito del primo de­cesso di un cittadino egiziano, u­na donna 25enne che avrebbe contratto l’H1n1 durante un pel­legrinaggio alla Mecca. In Sudafri­ca, dove i contagi sono finora 103, il timore è che la nuova influenza possa diffondersi ancor di più con la riapertura delle scuole ( le va­canza scolastiche sono finite ieri). Primi contagi anche in Tanzania, Botswana e Zimbabwe, Paese in cui un’epidemia di colera scop­piata lo scorso agosto – stante un sistema sanitario al collasso – ha ucciso più di 4mila persone. « Il problema dell’Africa è che i siste­mi di sorveglianza non sono così buoni come in Occidente » , sotto­linea Frew Benson, dirigente del Dipartimento nazionale della sa­lute del Sudafrica. Si teme inoltre che il virus H1n1 possa essere an­cora più devastante per le persone sieropositive ( in Africa sub- saha­riana vivono quasi i due terzi de­gli affetti da Hiv), anche se gli e­sperti sottolineano che non c’è fi­nora alcuna indicazione sul fatto che la nuova influenza avrebbe un impatto maggiore sui sieropositi­vi rispetto a qualsiasi altra malat­tia. Alcuni Paesi africani – come il Ma­rocco, che ne ha un milione – han­no a disposizione dosi di Tamilflu. Altri, come il Burkina Faso, am­mettono di non potersi permette­re il lusso di accumulare scorte di farmaci. C’è poi chi, tra gli analisti africani, si chiede se l’allarme per la nuova influenza non sia altro che l’ultimo esempio dello iato e­sistente tra Nord e Sud del mon­do. «Perché non c’è una mobilita­zione simile per i 2,5 milioni di bambini che ogni anno muoiono di diarrea?», si chiede David San­ders, che insegna salute pubblica all’università sudafricana del We­stern Cape. Né un simile allarme, concordano altri osservatori, è mai risuonato a livello mondiale per i 3mila bambini che ogni giorno muoiono in Africa di malaria, o per le 1.900 vittime provocate da gen­naio a oggi da un’epidemia di me­ningite in Nigeria, Niger e Ciad. Un bimbo con la madre in attesa del ricovero all’ospedale del Gerardo Barrios di El Salvador (Reuters)
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