sabato 3 aprile 2021
Il dolore dei gesuiti per il rifiuto della libertà su cauzione all'anziano religioso, malato di Parkinson ch la dedicato la sua vita a difendere la pace, la giustizia e i diritti umani
Padre Stan Swamy, 83 anni

Padre Stan Swamy, 83 anni

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«Profondamente addolorata» ma anche «sconcertata e indignata». Così la Compagnia di Gesù vive il rifiuto del rilascio su cauzione di padre Stan Swamy che celebrerà, dunque, la Pasqua nel carcere Taloja di Mumbai, dove è rinchiuso dallo scorso 8 ottobre. «E' preoccupante che venga negata la libertà a un difensore dei diritti umani di 83 anni, il quale soffre di numerose malattie, inclusa una grave forma di Parkinson», si legge nel comunicato del segretariato per la Giustizia sociale e l'ecologia (Sjes). Lo scorso 22 marzo, il tribunale speciale anti-terrorismo ha deciso di tenere in cella l'anziano religioso, accusato di insurrezione e complicità con la guerriglia maoista, in base alla draconiana legge di prevenzione delle attività illegali (Uapa), varata nel 2019 dal governo nazionalista di Narendra Modi. Nell'ultima udienza, il giudice ha rifiutato di considerare il rapporto degli esperti indipendenti Arsenal secondo cui le poche prove sarebbero state fabbricate. E ha ribadito che Stan è responsabile «di una grave cospirazione» orchestrata al fine di «creare disordini nel Paese e mettere in scacco il governo, utilizzando la forza». Un'ipotesi assurda secondo i gesuiti. «Stan si è impegnato nella difesa degli indigeni Adivasi e altre comunità marginali i cui diritti fondamentali sono sistematicamente violentati. Il nostro confratello crede, professa e pratica senza dubbio alcuni solo attività finalizzate a “garantire la giustizia, la libertà, l'uguaglianza a tutti i cittadini e a promuovere la fraternità», secondo i principi stabiliti nel preambolo della Costituzione indiana".

La Uapa è contestata da opposizione e attivisti per i diritti umani perché consente ampia discrezionalità al governo nelle accuse di terrorismo. Per tale ragione, la Freedom House ha denunciato una progressiva erosione della democrazia indiana. In tale scenario - scrive la Compagnia di Gesù -, qualunque difensore dei diritti umani, studente, donna, contadino, intellettuale, movimento civile critica le politiche dell'esecutivo rischia di finire in prigione. Del resto, lo stesso Stan, prima di venire arrestato, aveva detto: »Ciò che mi sta accadendo non è un'eccezione. E' parte di un processo più grande che sta avvenendo nel Paese. Sono contento di farne parte, poiché significa che non sono uno spettatore silenzioso, ma parte in causa. Sono disposto a pagarne il prezzo, qualunque sia».

Intellettuali, media nazionali e internazionali hanno espresso solidarietà al gesuita. Anche l'Alta commissaria per i diritti umani dell'Onu, Michelle Bachelet aveva espresso preoccupazione per il suo arresto.

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