giovedì 11 maggio 2017
Il segretario delle Nazioni Unite Guterres: «In sei milioni alla fame». Il presidente somalo: fermeremo gli shabaab. Aperta a Londra la Conferenza mondiale sull’assistenza
Ultima chiamata dell'Onu: «La Somalia sta morendo»
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Soldi, sicurezza e condivisione delle risorse. Sono stati questi gli argomenti maggiormente discussi durante la conferenza di ieri sulla Somalia a Londra, la terza organizzata nella capitale britannica dal 2012. C’è chi la definisce un «prezioso passo avanti» e c’è chi invece la considera una colossale perdita di tempo.
«Mi aspetto un maggiore coinvolgimento della diaspora somala, un migliore coordinamento e un approccio unitario della comunità internazionale», ha commentato ieri all’agenzia Fides Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti e amministratore apostolico della capitale somala, Mogadiscio. «Ho l’impressione che i diversi attori internazionali sulle questioni somale vadano ciascuno per conto proprio. Invece di mettere al centro della loro azione la rinascita dello Stato – continua Bertin –, sembrano avere una loro agenda». La conferenza era presieduta dal premier britannico, Theresa May, dall’Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari esteri, Federica Mogherini, dal segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, e dal presidente somalo, Mohamed Abdullahi Mohamed. Quest’ultimo, in carica da febbraio, si è guadagnato un discreto consenso popolare ma anche a livello internazionale. Ora deve però dimostrare di saper gestire una della crisi più gravi al mondo.
«Questa conferenza servirà a capire quali siano stati i progressi degli ultimi cinque anni – affermano gli esperti –. La Somalia resta però un Paese ancora minacciato da terrorismo, pirateria e carestia». I militanti islamici di al-Shabaab sono spaccati al loro interno e hanno vacato diverse zone del territorio. Ma gli attacchi contro civili, autorità e le forze di pace continuano senza sosta, a Mogadiscio come nel resto del Paese.

Inoltre, in seguito alla recente morte di un soldato delle forze speciali statunitensi, gli americani hanno ormai ufficializzato la loro presenza militare sul suolo somalo. «Sconfiggeremo al-Shabaab entro i prossimi due anni», è stata la promessa di mercoledì scorso fatta dal presidente Mohamed. I sequestri da parte dei pirati si sono invece fortemente ridotti grazie alla presenza di navi militari nelle acque dell’Oceano indiano. In questi ultimi mesi, però, sembra che sia in atto un pericoloso ritorno di tale fenomeno. Infine, a causa di una gravissima siccità, in molte regioni della Somalia la popolazione è sull’orlo di una carestia simile a quella del 2011 in cui morirono circa 250mila somali.


«Dobbiamo raccogliere altri 900 milioni di dollari entro la fine dell’anno per aiutare oltre 6milioni di persone bisognose di assistenza umanitaria – ha spiegato ieri Guterres –. Almeno 275mila bambini malnutriti stanno rischiando di morire di fame». La siccità sta inoltre causando la mancanza di acqua pulita e la più grande epidemia di colera degli ultimi cinque anni. Sono «più di 36mila i casi e circa 690 i morti dall’inizio dell’anno». La Somalia sta inoltre affrontando un processo alla Corte di giustizia dell’Aja per decidere la demarcazione del confine tra le acque somale e quelle del Kenya: una zona potenzialmente ricca di petrolio e gas che fa gola a livello internazionale. Il Paese resta però assai diviso al suo interno, con alcune regioni che auspicano si giunga a un governo federale.
«Il processo di “federalismo-clanico” usato come strategia per fare della Somalia uno vero Stato avrà risultati disastrosi – assicura Mohamud Uluso, un analista somalo –. Tale visione non è supportata dagli articoli della Costituzione che descrive il territorio e la sovranità della Somalia come inviolabili e indivisibili».

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