giovedì 28 luglio 2011
Il totale versato per le emergenze è salito a 12,4 miliardi di dollari, ma gli aumenti di cibo e petrolio hanno fatto lievitare le spese.
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Nonostante la crisi, dalle nazioni ricche nel 2010 è stato staccato un assegno per gli aiuti umanitari più pesante che mai. Ma a causa della portata eccezionale di alcune catastrofi e dei costi in aumento, sono cresciute pure le popolazioni in difficoltà rimaste senza aiuti. Inoltre, l’Europa sembra aver decisamente azionato il freno.È un bilancio in chiaroscuro quello appena tracciato da Gha (Global humanitarian assistance), una Ong britannica che studia la generosità internazionale. Con 12,4 miliardi di dollari versati, l’insieme dei governi donatori ha progredito del 6% rispetto al 2009, secondo la «stima preliminare e parziale» di Gha nel suo rapporto annuale. Un ammontare a cui deve essere sommato l’importo di 4,3 miliardi dovuto ad organismi privati. Ma quest’aumento non è stato omogeneo, dato che si deve in gran parte a quattro Paesi: Stati Uniti (4,7 miliardi contro i 4,3 del 2009), Canada (452 milioni contro 396), Giappone (537 contro 298) e Arabia Saudita (256 contro 82). L’Europa si è invece mostrata di manica stretta, dando nel complesso 1,1 miliardi di dollari in meno rispetto al 2009, con tagli drastici nel caso di Spagna (501 milioni versati contro i 632 del 2009), Svezia (393 contro 573), Olanda (297 contro 508) e Danimarca (110 contro 242). L’Italia è tredicesima, con 232 milioni contro i 362 del 2009 confermando il trend al ribasso denunciato anche recentemente da molte Ong. Il 2010 è stato segnato in particolare dal terribile terremoto ad Haiti e dalle inondazioni epocali in Pakistan. Queste due tragedie hanno spinto l’Onu a lanciare appelli d’emergenza simili a quello appena diramato per fronteggiare le carestie del Corno d’Africa. Secondo Gha, la crescita generale degli aiuti è in gran parte legata proprio a queste emergenze. Altre aree colpite da crisi di lungo corso sono state invece aiutate talora meno che in passato. È il caso del Ciad e della Repubblica Centrafricana. Nel 2009, ultimo anno con dati finali completi, le regioni martoriate del Sudan occidentale sono rimaste la prima destinazione degli aiuti, davanti ai Territori palestinesi. Nonostante la crescita nominale dei fondi a disposizione, superiori persino a quelli del 2005 funestato dallo tsunami nell’Oceano Indiano, il 2010 è stato offuscato pure da un crollo dell’«efficacia umanitaria» di ogni dollaro versato. Le quotazioni record delle derrate alimentari e del petrolio hanno fatto lievitare i costi. Gli effetti, secondo Gha, sono stati drammatici: il 37% delle richieste di aiuti è rimasto senza risposta, contro una media del 30% nel quinquennio precedente. Molte le incognite future: la crescita nel 2010 degli aiuti da parte dei Paesi al di fuori dell’Ocse e dei donatori privati è legata quasi interamente agli appelli per Haiti ed il Pakistan. Le crisi umanitarie meno mediatiche rischiano invece di restare sempre più dimenticate.
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