mercoledì 23 settembre 2009
Un altro attacco alle truppe italiane: un paracadutista è rimasto ferito a un braccio, ma fortunatamente non è grave. Ieri le esequie nelle città di origine dei 6 parà morti a Kabul. L'appello delle famiglie: «Non dimenticateli».
  • Frattini: «Resteremo in Afghanistan, ma non per sempre»
  • COMMENTA E CONDIVIDI
    Una pattuglia di militari italiani è stata attaccata questa mattina ad Herat. È quanto si apprende da fonti parlamentari della maggioranza. Un soldato della pattuglia è stato ferito a un braccio: è probabile che il braccio sia fratturato.Ieri i funerali dei 6 parà uccisi a Kabul. Ieri l’abbraccio e il saluto della Campania, dopo le esequie di Stato, al sergente maggiore Roberto Valente tornato avvolto nel tricolore, dall’estrema missione in Afghanistan. Dal Maschio Angioino dove è stata allestita la camera ardente, la salma di Roberto Valente è stata accompagnata nella chiesa di san Vitale a Fuorigrotta, da lacrime e da applausi, dai commilitoni e da gente sconosciuta. Napoli si è stretta intorno alla famiglia del militare e nonostante l’ora mattutina, la chiesa, il sagrato, la piazza erano gremiti. Monsignor Gennaro Pascarella, vescovo di Pozzuoli, diocesi di cui il quartiere napoletano fa parte, ha celebrato la cerimonia funebre. «È l’ora della vicinanza alla famiglia, altri e in altri luoghi faranno analisi politiche – ha ammonito –. È l’ora della solidarietà non solo mentre i riflettori sono accesi. La moglie, il figlio, la famiglia non possono essere lasciati soli». Roberto, ha detto, «pur consapevole del rischio non si è tirato indietro, mentre tanti giovani bruciano la vita nello sballo. Come non essere grati a chi dà la propria vita per un ideale». Il vescovo poi ha invocato la pace per il mondo e per l’Afghanistan, dove «la violenza intristisce la vita della gente e mette a rischio quella dei nostri soldati che sono lì in missione di pace. La morte di questi soldati ci riguarda, ci interroga, ci provoca. I governi devono fare la loro parte, mettendo in atto una saggia diplomazia per la pace» ha concluso. Sul feretro era poggiata la fotografia di Valente in divisa e su un cuscino porpora il suo berretto amaranto con fiori. La madre, a fine rito, ha preso la foto sulla bara e l’ha stretta al petto, piangendo. Prima della benedizione della salma è stata recitata la preghiera dei paracadutisti. Valente è stato sepolto, per volontà della famiglia, al cimitero monumentale di Napoli accanto a Pietro Petrucci, la più giovane vittima della strage di Nasiriyah. Nocera, la vedova di Massimiliano Randino: nel mio cuore ci sei solo tu. A Nocera Superiore, nel salernitano, orgoglio e dolore. Nel pomeriggio l’addio al caporal maggiore Massimiliano Randino nella chiesa di santa Maria Maggiore. Il solenne rito funebre è stato officiato da don Mario Vassalluzzo, vicario della diocesi di Nocera-Sarno e concelebrato dal cappellano militare della Folgore di Livorno padre Vincenzo Puzone, che anni fa impartì il sacramento della cresima a Massimiliano Randino, e dal parroco don Roberto Tortora. La bara è entrata in chiesa al suono della tromba del picchetto d’onore, che ha intonato il silenzio e salutata dai vertici delle forze armate e delle forze dell’ordine. Con la voce rotta dal pianto la moglie Alina Scarica, ha ricordato il giorno del suo matrimonio. Cinque anni fa donò al marito una rosa blu con un biglietto: "Saremo in tanti ma nel mio cuore ci sarai solo tu". «Anche oggi - ha detto dall’altare - siamo in tanti ma nel mio cuore ci sei soltanto tu. Sono orgogliosa di averti avuto come marito». Il corteo funebre ha poi raggiunto Cava de’ Tirreni, città natale della madre, dove Massimiliano Randino sarà sepolto.Oristano, il saluto del vescovo: «Angeli in cielo con il basco amaranto». «Sei angeli con il basco amaranto sono saliti in cielo e tra loro è Matteo». Con le parole della fede l’arcivescovo di Oristano, Ignazio Sanna, ha cercato di attenuare il dolore e lo sgomento dei genitori e dell’intera comunità sarda per la morte di un giovane di 26 anni con grandi progetti di vita e di speranza, di Matteo, «un credente in divisa». La parrocchiale di Solarussa dedicata a San Pietro ieri ha potuto accogliere soltanto una piccola parte delle oltre duemila persone - presenti tutte le autorità civili e militari - che hanno voluto dare l’ultimo saluto a Matteo Mureddu. In prima fila, davanti al feretro, fasciato dalla bandiera tricolore e da quella dei quattro mori, scortato da 6 paracadutisti della Folgore, i genitori, i fratelli e la fidanzata di Matteo. I loro occhi non si sono staccati un istante dalla bara, dove un basco amaranto, tre decorazioni e una foto ricordavano il servizio militare del giovane. «La vita eterna - dice monsignor Sanna - premia le persone che muoiono per la patria».Tiggiano, l’appello del fratello di Davide: non dimenticateci. «Non fiori, ma donazioni per aiutare le popolazioni afghane»: è quanto ha chiesto, a nome di tutta la famiglia, Ippazio Ricchiuto, il fratello di Davide, il caporalmaggiore della Folgore. A Tiggiano, dove ieri migliaia di persone hano preso parte alle esequie, il vescovo Vito De Grisantis ha ricordato come Davide abbia lasciato tre messaggi: «l’amore per la vita, la gioia di vivere per sè e per gli altri; il senso del dovere, dell’adempimento del compito che il Signore ha assegnato a ciascuno di noi, anche a costo del sacrificio della vita; l’amore per la patria, perchè si stabiliscano sulla Terra pace e giustizia». Al termine della funzione il fratello del parà caduto, Ippazio ha chiesto che sul sacrificio del fratello e degli altri militari non cada l’oblio. «Non dimenticateci, non dimenticate questi fratelli che sacrificano la vita per la patria e la pace nel mondo». Prima di lui cinque testimonianze per ricordare il parà morto.
    © Riproduzione riservata
    COMMENTA E CONDIVIDI

    ARGOMENTI: