venerdì 5 novembre 2010
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Di fronte alle minacce dei qaedisti, il Patriarca di Alessandria dei Copti, Antonios Naguib, cardinale dal prossimo Concistoro, spiega che è «importantissima» la posizione dei governi e quindi la ferma condanna del governo egiziano, che ha subito respinto l’ultimatum dei terroristi. Il Paese africano è alla vigilia di un doppio round elettorale e crescono di ora in ora le tensioni tra islamisti e copti ortodossi, bersaglio delle accuse di al-Qaeda, che riferisce di donne islamiche «prigioniere» dei loro monasteri.Al-Qaeda colpisce in Iraq e parla all’Egitto. Cosa impedirà un’escalation della violenza?La reazione del governo egiziano è stata importantissima: le autorità hanno preso le distanze dagli "atti criminali" compiuti in Iraq e hanno ribadito la libertà di religione. Un silenzio avrebbe potuto generare la convinzione che tutti i musulmani condividessero le posizioni di al-Qaeda ed esporci al rischio di attacchi. Quanto c’è di vero nelle accuse dei qaedisti?Sono accuse vecchie e confutate da tempo, lanciate da una minoranza che fa clamore, una corrente estremista che vuole acquisire peso politico. Voci della società islamica hanno smentito tali accuse. Lo stesso Papa Shenuda III, Patriarca della Chiesa Copta Ortodossa, ha dichiarato che le chiese e i monasteri sono aperti e tutti possono vedere che non ci sono né prigionieri né arsenali; lo stesso vale per noi cattolici e lo sottolineo perché qui non si fa una gran differenza tra le due comunità. Un’accusa che colpisce uno colpisce tutti. Il Segretario Generale di Al Azhar, cuore dell’Islam sunnita, ha detto che «nessuna legge, né religione né morale può ammettere quello che hanno fatto in Iraq». Cosa ne pensa?Non mi sorprende. La condanna, come ho detto, è stata corale: Papa Shenuda III ha inviato un telegramma al Patriarca Siro-Sattolico, come ho fatto io a nome dell’Assemblea Generale della Gerarchia Cattolica Egiziana e della Chiesa di Alessandria dei Copti. Inoltre, con il Presidente delle Chiese Protestanti in Egitto da lunedì lavoreremo a una dichiarazione comune. Esiste un modo per evitare che i qaedisti guadagnino consensi nella popolazione?Bisogna far capire alla gente, spesso disinformata, che sotto l’abito religioso si muovono interessi politici e finanziari e che la violenza è utilizzata non per affermare una fede ma per emergere politicamente, acquisire credibilità e, in prospettiva, dominare la scena: per questo è decisivo che i governi dei Paesi a maggioranza musulmana prendano subito le distanze dai violenti. Ciò detto, quanto è probabile una riedizione della tensione dei decenni scorsi?È improbabile. Questa è una fase di dialogo fruttuoso. Al Azhar ha appena istituito una sezione per il dialogo interreligioso, affidata a un teologo musulmano che insegnava alla Sorbona, dove aveva studiato. Il Grande Shekh dottor Ahmed Al-Tayeb, presidente di Al-Azhar, è un uomo coltissimo, convinto che il dialogo possa aiutare il Paese, compresi i musulmani. Ha approvato la proposta della Chiesa Cattolica d’Egitto di istituire, con noi, una Commissione locale di dialogo interreligioso, accanto alla commissione internazionale con il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso: siamo allo statuto, nei prossimi mesi inizieranno i lavori e musulmani e cattolici potranno dialogare anche localmente in modo libero e proficuo.Il Sinodo sul Medioriente ha ribadito che i cristiani devono approfondire la loro vocazione: in questa situazione, come va interpretato un simile mandato?Il Sinodo ci ha indicato la rotta della presenza, della comunione e della testimonianza. La presenza prosegue il cammino di Gesù e degli Apostoli e deve condurci alla comunione: noi cattolici siamo impegnati a costruire con i nostri concittadini una società basata sulla fraternità. Infine la testimonianza: passa attraverso la convivenza basata sul rispetto reciproco, sull’accettazione dell’altro e sul servizio. Noi cattolici siamo molto attivi in campo educativo e caritativo: il 50% dei beneficiari sono musulmani e ne siamo felici, perché ci consente di condividere valori comuni.
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