giovedì 21 febbraio 2013
Più di duecento i feriti. Molti i bambini coinvolti. Voci su un progetto di attentato al nunzio apostolico Mario Zenari, che denuncia l'orrore dei massacri. «La comunità internazionale continua a fare la parte di Ponzio Pilato, noi qui camminiamo su strade grondanti di sangue».
Cristiano armeno martitizzato
Allarme fondi per assistere i bambini
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Mattina di terrore e sangue a Damasco, nel centro della capitale che finora era stata abbastanza risparmiato dalle violenze di quasi due anni di conflitto. L'esplosione di un'autobomba nel cuore della città ha causato la morte di oltre cinquanta persone, in gran parte civili e più di 300 feriti. Molte delle persone coinvolte sarebbero bambini. Nel mirino dell'attacco terroristico, come l'ha definito l'agenzia di regime Sana, il quartier generale del partito di Bashar al-Assad, il Baath, nella via al-Thawra, nel quartiere centralissimo di al-Mazra. Il Libero Esercito Siriano ha smentito ogni responsabiiltà, rigettando l'accusa sul regime. L'autobomba è esplosa in un'area molto popolosa, a un checkpoint tra l'ambasciata russa e il quartier generale del Baath, in un'area che sarebbe altamente protetta. È stato un inferno soprattutto per le case circostanti, ma anche numerose auto hanno perso fuoco e l'onda d'urto dell'esplosione ha investito le finestre della vicina legazione. «Le vittime sono soprattutto passanti, studenti e gente che era al volante», ha riferito l'agenzia Sana, secondo cui hanno subito danni anche l'ospedale al-Hayat e una scuola, la Abdullah Bin al-Zubir. I minuti immediatamente seguenti hanno offerto scene dantesche, con molti edifici avvolti da fiamme e una densa coltre di fumo nero che si levava nel cielo: cadaveri ovunque, feriti che si trascinavano per strada, gente che urlava e sirene delle ambulanze. L'episodio non è l'unico di questa drammatica mattina nella capitale siriana. Subito dopo l'esplosione, altredue autobombe sono saltate in aria nel quartiere di Barzeh, di fronte a una delle sedi dell'intelligence, il cosiddetto Siria '211; e due proiettili di mortaio sono caduti vicino alla sede dello Stato maggiore della Difesa e al Comando Generale dell'esercito. Il tutto è avvenuto mentre l'opposizione siriana si trova riunita al Cairo per discutere le condizioni delle eventuali trattative con il regime e la formazione di un governo di transizione. Un documento, che viene discusso nella “due giorni”, parla di un possibile accordo di pace, ma esclude Bashar al-Assad dal negoziato. «Qualunque gesto che abbia come obbiettivo l'assassinio di civili - si legge in una nota apparsa su Facebook degli oppositori riuniti nella capitale egiziana - va condannato come terrorista, senza riguardi per chi lo ha commesso o giustificazioni di sorta». Intanto, da Roma, il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, fa sapere che lItalia è favorevole ad aumentare gli aiuti militari ai ribelli siriani e su questo tema i Paesi europei chiederanno agli Stati Uniti «maggiore flessibilità» alla riunione del Gruppo di alto livello sulla Siria che si terrà giovedì prossimo, presente il neosegretario di Stato americano, John Kerry.Si progettava attentato al NunzioIl nunzio vaticano in Siria Mario Zenari è ancora scosso dalle notizie e dalle immagini sugli attentati che stamattina hanno colpito il centro di Damasco. «È una carneficina. Corpi carbonizzati e dilaniati, brandelli di carne umana, vigili del fuoco che spegono le fiamme», racconta il rappresentante pontificio all'Agenzia Fides. Le esplosioni hanno fatto tremare le mura e i vetri della Nunziatura. Davanti all'ennesima strage, l'arcivescovo Zenari onferma le impressioni espresse in recenti dichiarazioni: «Continuiamo a camminare sui morti. Ormai anche a Damasco, quando si gira per le strade, ci si imbatte dovunque in luoghi dove è stato sparso sangue umano innocente». E di fronte a questo massacro, aggiunge il Nunzio «la comunità internazionale continua a fare la parte di Ponzio Pilato», mentre l'unica via per fermare la spirale di morte e distruzione è «costringere i contendenti a una uscita negoziata e pacifica del conflitto». Il Nunzio Zenari si dichiara sorpreso delle indiscrezioni - rilanciate dall'agenzia “Alef” - su un possibile attentato contro di lui che sarebbe stato progettato in ambienti militari e dell'intelligence siriana, come rappresaglia contro i suoi recenti pronunciamenti sul conflitto: «Non so quale credibilità attribuire a queste voci. Di solito, chi progetta un attentato non lascia trapelare prima sulla stampa le sue intenzioni». Secondo i rumors, riprese da diversi blog siriani, il disegno criminale puntava a colpire il nunzio durante i suoi spostamenti in automobile. Monsignor Zenari invita anche a evitare allarmismi sulle notizie che riguardano la condizione dei cristiani: «I cristiani - sottolinea il Rappresentante pontificio - in questa situazione tragica soffrono come tutti gli altri»Tifo ed epatite, è emergenza sanitariaOttocento casi di epatite A e 2.500 di tifo, solo a Deir-er-Zor, nel nord est della Siria. Sono questi alcuni dei dati allarmanti diffusi dall'Oms (l'Organizzazione mondiale della Sanità) in merito al dilagare delle malattie trasmesse tramite l'acqua in Siria. E qui, a quasi due anni dallo scoppio della rivoluzione contro il regime di Bashar al-Assad, è proprio la scarsità di acqua potabile che favorisce il contagio. «Viviamo tutti insieme, ci contagiamo a vicenda», ha spiegato Hamza Abdurrahman, responsabile dell'unità ribelle Ahrar al Sham da Salqin, città nel governatorato nord rientale di Idlib.«I medici ci hanno spiegato che abbiamo preso il tifo perchè beviamo acqua contaminata», ha aggiunto, ricordando come in assenza di «acqua corrente, si beve dai pozzi o dai fiumi». L'alternativa sarebbe acquistare acqua dalle cisterne, ma i costi sono arrivati alle stelle, fino a 35 dollari per riempire un serbatoio. La rappresentante dell'Oms in Siria, Elizabeth Hoff, spiega che le pompe per l'acqua non possono essere attivate per la scarsità di energia e carburante. Le persone ricorrono quindi ai fiumi e ai pozzi, che potrebbero però essere contaminati da feci. Al rischio di infezioni si aggiunge il collasso del sistema sanitario siriano, con oltre la metà degli ospedali danneggiati e oltre un terzo fuori servizio.Ad Apamea, città di circa 10mila abitanti nel governatorato di Hama, Hasan Hamidi è uno dei due medici rimasti. «Prima dell'inizio del conflitto, diagnosticavo l'epatite A a quattro o cinque pazienti l'anno. Ora sono quattro o cinque al giorno, la maggior parte dei quali bambini», spiega.

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