lunedì 13 febbraio 2023
Ad Aleppo è anche emergenza fame. A Gaziantep dolore e paura spingono a fuggire. Ecco perché bisogna accelerare la consegna degli aiuti... ne servono veramente tanti
Terremoto. Una famiglia ad Aleppo, Siria

Terremoto. Una famiglia ad Aleppo, Siria - Reuters

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I giorni passano e la tragedia del terremoto che ha colpito Turchia e Siria continua. Servono più aiuti, ma la comunità internazionale è troppo presa sul fronte della guerra e delle armi.

Sono oltre 13 milioni di persone colpite in Turchia, 1 abitante su 6, con 12 mila edifici distrutti. Stanno finendo anche i materiali per seppellire le vittime. Sovraffollati i centri che ospitano chi ha perso tutto, tantissimi possono contare solo sui fuochi accesi per strada per scaldarsi.

Ed è drammatica la situazione anche in Siria, ad Aleppo gli sfollati non sanno da dove arriverà il prossimo pasto.

Tra i soccorritori sul campo c'è anche Oxfam è al lavoro per soccorrere, che fa appello alla comunità internazionale, ma anche a enti, aziende, gruppi e singole persone, perché si continui a raccogliere aiuti e organizzare i soccorsi.

In Turchia, tra dolore e paura

“Eravamo terrorizzati, non credevo ce l’avremmo fatta, – racconta Ali, che vive con quattro figli a Gaziantep, in Turchia – sembrava che i muri di casa ci venissero addosso. È stato uno dei giorni più brutti della mia vita”.

“In questo momento tantissimi vivono in auto, nelle moschee, nelle tende, per resistere al gelo della notte hanno solo fuochi accesi per strada. – spiega Stefania Morra, responsabile del programma di azione umanitaria di Oxfam Italia – I rifugi allestiti per ospitare chi non ha più una casa, sono sovraffollati. Molti hanno paura di nuovi terremoti e vogliono andarsene, in centinaia di migliaia sono già stati evacuati. Secondo le stime per far fronte all’emergenza potrebbe volerci almeno 1 anno, ma la realtà è che le conseguenze di questa tragedia si faranno sentire per molti anni a venire”.

In Turchia, anche Oxfam è al lavoro in queste ore, insieme a decine di organizzazioni locali e cooperative femminili per fornire cibo, riparo e aiuto piscologico ai sopravvissuti nelle aree più colpite, tra cui Gaziantep, Hatay e Mardin.

“I nostri team sul campo sono preparati a rispondere a questo tipo di emergenza, essendo già intervenuti dopo il terremoto del ’99, ma le difficoltà per portare gli aiuti di cui c’è bisogno, in questo momento sono enormi. - continua Morra – Molte linee di comunicazione sono interrotte e il numero delle vittime è straziante, basti pensare che i materiali per dare sepoltura alle vittime stanno finendo”.

L’emergenza ad Aleppo

Non meno tragica è la situazione in Siria, dove al momento il terremoto ha causato oltre 3.500 vittime e tantissimi feriti. Una delle situazioni più difficile si registra ad Aleppo.

"Il terremoto ha sconvolto un Paese, una città, già dilaniati da 12 anni di conflitto - continua Morra - Tanti non hanno più nulla, senza casa e riparo sono costretti a vivere per strada al freddo, e non sanno come procurarsi il prossimo pasto, nonostante gli ingenti sforzi messi in campo dalle organizzazioni umanitarie. I nostri operatori ad Aleppo sono al lavoro per portare beni di prima necessità, soprattutto acqua pulita e kit igienico sanitari agli sfollati. Stiamo lavorando inoltre per testare la sicurezza di centinaia di edifici e riparare le infrastrutture idriche che servono migliaia delle persone più colpite, con l’obiettivo di soccorrerne 300 mila nei prossimi 6 mesi”.

L’appello alla comunità internazionale

Il terremoto oggi in Siria rappresenta quindi un’emergenza nell’emergenza.

“La popolazione era già stremata prima del sisma da un’inflazione alle stelle e dalla mancanza di carburante, nel contesto di una cronica mancanza dei fondi necessari a rispondere alla crisi umanitaria scoppiata nel 2011. – conclude Morra – Per questo lanciamo un appello urgente alla comunità internazionale perché metta in campo un’azione efficace e tempestiva che abbia come priorità rispondere ai bisogni più urgenti, facilitando l’arrivo di aiuti sia in Turchia che in Siria, predisponendo assieme un piano per far fronte all’emergenza anche nel medio e lungo periodo”.




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