mercoledì 2 marzo 2022
Lo riferisce l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria, secondo cui nel bilancio si contano 161 vittime civili, di cui 34 tra bambini e adolescenti e 11 donne
Mohamad Al-Hassan sulla tomba della figlia Fatima, morta neonata di 7 giorni per il freddo. La foto è del 2 febbraio di quest'anno, siamo nella regione di Idlib in Siria

Mohamad Al-Hassan sulla tomba della figlia Fatima, morta neonata di 7 giorni per il freddo. La foto è del 2 febbraio di quest'anno, siamo nella regione di Idlib in Siria - Ansa / Epa

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La guerra in Ucraina ha distolto l’attenzione dagli altri conflitti. Che purtroppo sono forse meno mediatici, ma non meno gravi. E trecentotrentatre persone sono state uccise solo a febbraio nella guerra in corso in Siria da circa 11 anni. Lo riferisce l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria, secondo cui nel bilancio si contano 161 vittime civili, di cui 34 tra bambini e adolescenti e 11 donne.

Le vittime tra militari e miliziani sono 172, per lo più miliziani del Daesh, membri delle Forze democratiche siriane (Sdf, a guida curda), militari governativi e combattenti anti-regime. L’Osservatorio denota anche un aumento dei bombardamenti nella «de-escalation zone» che si estende tra la periferia di Aleppo e il governatorato di Lattakia e che ha visto oltre 1.400 missili caduti su obiettivi civili e militari.

La zona, decretata esattamente due anni fa, è detta anche «la zona Putin-Erdogan» in riferimento ai due sponsor dell’accordo.

Sarebbero diminuiti, invece, i raid effettuati dall’aviazione russa contro le postazioni anti-regime, passati da oltre 50 incursioni registrate a gennaio, alle sei del mese scorso. A Damasco, che ha seguito fedelmente il riconoscimento da parte di Mosca delle due repubbliche popolari del Donbass, continua intanto la propaganda filo-Putin. Ieri, il viceministro degli Esteri Bashar Jaafari non ha escluso che i servizi americani posssano procedere «al trasferimento dei terroristi del Daesh e di al-Nusra dalla Siria in Ucraina» con l’obiettivo di ostacolare l’avanzata russa. Le preoccupazioni della popolazione riguardano piuttosto un’eventuale interruzione del rifornimento di alcune derrate alimentari e generi di prima necessità, finora resi disponibili dai cargo di Mosca.

All’indomani dell’offensiva russa, il governo siriano ha deciso di rafforzare il razionamento di grano, zucchero, olio, riso e patate «per meglio gestire le provviste disponibili nei prossimi due mesi». Il governo siriano teme inoltre l’esaurimento delle scorte di carburante, anch’esso finora importato principalmente dalla Russia. Se le navi cisterna dovessero fermarsi, c’è l’elevato rischio di un’impennata dei prezzi e di una conseguente esplosione delle proteste popolari. Un recente rapporto dell’Onu indica che il numero dei siriani che hanno bisogno di assistenza umanitaria è vicino ai 15 milioni e che il 76 per cento delle famiglie non sono in grado di assicurare il loro fabbisogno di base.

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