sabato 28 gennaio 2023
Sopra la città, alla periferia di Damasco, l'aviazione militare siriana sganciò due barili di gas velenoso. Morirono 43 persone. La relazione dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche
La distruzione nella città di Douma nel settembre 2018

La distruzione nella città di Douma nel settembre 2018 - Reuters

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Il responsabile degli attacchi chimici in Siria ha ora un nome. Nella relazione diffusa ieri dall'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac) si punta in particolare modo sulle responsabilità dell'aviazione militare siriana. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, almeno un elicottero governativo ha sganciato due barili di gas velenoso sulla città di Douma, alla periferia di Damasco.

Nell'attacco in questione, che risale all'aprile del 2018, morirono 43 persone secondo un bilancio impossibile da verificare. Commentando la relazione, il direttore generale dell'Opac, Fernando Arias, ha dichiarato in una nota che «l'uso di armi chimiche a Douma e altrove è inaccettabile e costituisce una violazione del diritto internazionale».

Da anni, le diplomazie occidentali denunciano l'impiego di armi proibite nel contesto della guerra che infuria in Siria dal 2011. Il 27 settembre 2013, il Consiglio di sicurezza ha adottato all'unanimità la risoluzione 2118 che impone al governo del presidente Bashar al-Assad di distruggere qualsiasi arma chimica in suo possesso.

Sostenuta dalla Russia, Damasco ha ripetutamente attribuito gli attacchi chimici ai ribelli siriani pagati dagli Stati Uniti nell'ambito del cosiddetto complotto occidentale per mettere in cattiva luce il suo governo.

Parlando il 5 gennaio scorso al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il vice capo dell'Unoda (Ufficio degli affari del disarmo dell'Onu, ndr) ha affermato che l'assenza di responsabilità per l'uso delle armi chimiche in Siria rappresenta «una minaccia per la pace e la sicurezza internazionali e un pericolo per tutti noi». «È quindi imperativo, ha detto ancora Adedeji Ibo, ritenere responsabili tutti coloro che oserebbero usare armi chimiche», esprimendo la speranza di vedere uniti sul tema tutti i membri del Consiglio. Ibo aveva lamentato nell'occasione la poca collaborazione del governo siriano con l'Opac «per chiudere tutte le questioni in sospeso», ricordando che Damasco doveva ancora fornire una spiegazione in merito al movimento non autorizzato di due bombole correlate all'attacco di Douma. Altre inadempienze del regime di Assad riguardano, invece, le strutture in cui le armi chimiche precedentemente utilizzate sono state sviluppate e stoccate nonché le attuali scorte in sue possesso. La stessa sessione del Consiglio ha visto un battibecco tra i rappresentanti di Mosca e Washington.

Il vice rappresentante permanente della Russia, Dmitrij Polyanskiy, ha definito «un peccato iniziare il nuovo anno lavorativo con l'ennesimo incontro sulle armi chimiche siriane» e ha aggiunto che non ha senso discutere la questione ogni mese solo per «spuntare la casella».

Immediata la replica dell’omologo Usa Richard Mills. Il quale ha ricordato che «l'Opac e l'Onu hanno concluso in modo indipendente che la Siria ha utilizzato armi chimiche in otto occasioni» mentre Damasco abbia modificato la sua dichiarazione al team dell'inchiesta ben 17 volte. «Questo, ha commentato Mills, non è certo un modello di comportamento che genera fiducia nel regime di Assad”».

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