mercoledì 18 novembre 2009
I tre giorni del vertice Fao sulla sicurezza alimentare «sono stati una tappa importante, ma l'assenza dei leader lo ha ridotto a un dibattito a livello tecnico». Così Diouf a chiusura lavori ha espresso la sua delusione per il vertice di Roma. Oggi l'appello per l'Africa orientale: 23 milioni di persone alla fame.
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    I tre giorni del vertice Fao sulla sicurezza alimentare "sono stati una tappa importante nella realizzazione del nostro obiettivo comune: un mondo libero dalla fame. E confermano che gli sforzi per preparare il summit non sono stati vani". Il direttore generale della Fao, Jacques Diouf, a chiusura lavori salva il salvabile con una nota positiva, ma verso la fine dell'intervento non riesce a nascondere la sua delusione per l'assenza nel documento finale di un impegno concreto nella lotta contro la fame. "Con mio rammarico devo constatare che questa dichiarazione non contiene né gli obiettivi quantificati né le scadenze precise che avrebbero permesso di seguire al meglio una loro realizzione". Tra gli elementi "importanti su cui concentrarsi", i quattro impegni presi: "raddoppiare gli sforzi per raggiungere gli Obiettivi Onu del Millennio; rafforzare il coordinamento internazionale e la 'governancè della sicurezza alimentare mettendo in campo una profonda riforma del Comitato per la Sicurezza alimentare mondiale (Cfs); invertire la tendenza verso una diminuzione dei finanziamenti nazionali e internazionali all'agricoltura e allo sviluppo rurale; promuovere nuovi investimenti per aumentare la produttività agricola, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo".L'assenza dei leader. L'assenza dei capi di Stato e di governo dei grandi Paesi ha ridotto il vertice a "un dibattito a livello tecnico". È quanto ha lamentato, tracciando il bilancio del summit sulla sicurezza alimentare appena concluso, il direttore generale della Fao, Jacques Diouf. "Certo che avrei sperato di avere tutti i Paesi invitati rappresentati a livello di capi di Stato e di governo", ha ammesso Diouf, secondo il quale la loro assenza ha ridotto il dibattito "a una dimensione puramente tecnica, mentre lafame è una questione economica, sociale e culturale".Tuttavia, risponde il numero uno della Fao, l'assenza dei capi di Stato e di governo del G8 non ha avuto alcuna conseguenza sull'esito del vertice. "Il fatto che non ci fossero i leader, non significa che questi Paesi non abbiano partecipato alle decisioni - ha sottolineato Diouf nella conferenza stampa finale -. Io non credo che questo abbia avuto alcun impatto sul vertice, dal momento che il documento è stato approvato all'unanimità". L'emergenza della fame in Africa Orientale. Nei prossimi sei mesi servirà un miliardo di dollari per sfamare con aiuti d'emergenza i 23 milioni di affamati in Africa orientale e almeno 200 milioni per programmi a lungo termine che sostengano i piccoli agricoltori e permettano a questa parte del continente "di nutrire se stessa". Esperti della Fao e del Programma alimentare mondiale (Pam) hanno fatto il punto sulla crisi alimentare che attanaglia l'Africa orientale, in particolare Sudan, Somalia e Kenya ma anche Eritrea, Uganda, Gibuti e Tanzania. Se Ramiro Lopes de Silva, direttore per le Operazioni d'emergenza del Pam, ha chiesto un maggiore impegno dei donatori internazionali sul fronte degli aiuti alimentari ("serve un miliardo di dollari per assistere 23 milioni di affamati"), il suo omologo della Fao, Laurent Thomas, ha sottolineato come "per far sì che questa parte del continente nutra se stessa" sia necessario concentrarsi soprattutto sugliinterventi a lungo termine. "Si tratta di cambiare l'approccio al problema", ha spiegato l'esperto Fao, "e iniziare a investire seriamente nella distribuzione di semi e fertilizzanti, e nella vaccinazione dei capi di bestiame perpermettere rispettivamente a piccoli contadini e pastori di vendere le loro merci sui mercati locali e regionali e contribuire così allo sviluppo di tutta l'area". Uno sviluppo, hanno sottolineato da Fao e Ifad, "affossato" da due fattori: la crisi alimentare che ha portato nel 2007-2008 a un'impennata dei prezzi del cibo e che in Paesi come il Kenya continua ad aggravarsi, e la crisi economica globale che ha ridotto drasticamente l'afflusso delle rimesse degli immigrati nel continente, che rappresenta un terzo del flusso finanziario che confuisce in Africa (circa 17 miliardi di dollari). Nonostante gli esperti abbiano insistito sulla "gravità" della situazione nella regione orientale, tuttavia si sono detti "ottimisti" sull'impegno dei Paesi donatori, amche se la differenza attualmente la farà il fattore "tempo".
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