venerdì 29 gennaio 2010
Con il 2010 finisce l’era della navetta spaziale alata. La Nasa rimetterà in pista le tradizionali capsule, simili all’Apollo delle missioni lunari, anche se più grandi e tecnologicamente più avanzate. Le nuove navicelle, che si chiameranno Orion, garantiranno maggiore sicurezza e, soprattutto, costi assai inferiori.
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Questo nuovo anno promette di essere ancora intenso per le attività spaziali. Ma, soprattutto, verrà ricordato nella storia dell’astronautica e della scienza come l’ultimo anno degli shuttle, le famose navette spaziali americane. Gli ultimi cinque lanci sono infatti programmati per quest’anno, e salvo ritardi, tali da dover posticipare le ultime due missioni (in programma in luglio e settembre) all’anno successivo, il più lungo programma spaziale americano, che per quasi trent’anni ha permesso alla Nasa e ad altre agenzie spaziali del mondo di portare in orbita astronauti e tonnellate di materiali, verrà chiuso.Che ne sarà degli space shuttle? È quasi certo che le tre navette rimaste in servizio nella flotta Nasa, andranno anch’esse a fare bella mostra nei vari musei dello spazio, accanto ad altri celebri mezzi di trasporto spaziale, un po’ come i razzi Saturno dei viaggi lunari. La Nasa li venderà a un prezzo scontato di 29 milioni di dollari. Soprattutto, però, molti si chiedono quale altro veicolo potrà garantire i rifornimenti e il trasporto degli astronauti sulla stazione spaziale, e il loro ritorno a terra. Un mezzo spaziale come la navetta non sarà più disponibile, nemmeno negli anni successivi, anche se l’Europa, tramite l’Esa, sta tornando a progettare una mini-navetta spaziale come fece negli anni ottanta con il mai realizzato Progetto Hermes. «È importante che si prosegua sugli studi di un aereo spaziale», ci dice Roberto Vittori, astronauta italiano che in estate volerà sulla shuttle dopo due missioni sulle russe Sojuz, «perché con lo shuttle non si può chiudere del tutto l’era dei veicoli spaziali alati, considerati strategici e versatili fin dall’inizio dell’epopea spaziale». E in effetti qualche forma di velivoli spaziali alati continuerà ad operare, anche se a lanciarli in orbita saranno i privati. Come Richard Branson che ha fatto costruire il suo aereo spaziale SpaceShip2, per far volare turisti nello spazio, forse già dal 2011. Una gita di un’oretta, con vista Terra dallo spazio per la "modica" cifra di circa 250.000 euro.La Nasa è invece intenzionata a rimettere in pista le tradizionali navicelle o "capsule" spaziali, simili alle celebri "Apollo" delle imprese lunari, anche se più grandi e tecnologicamente più avanzate. Le nuove navicelle "Orion" verranno costruite proprio perché, come hanno dimostrato da alcuni anni le navicelle russe Sojuz, garantiscono i lanci di astronauti con maggiore sicurezza, minore manutenzione rispetto ad un veicolo complesso come lo shuttle e, soprattutto, con costi assai inferiori rispetto alle sofisticate navette spaziali.Quando il primo shuttle venne lanciato nell’aprile 1981, tra uno sventolio di bandiere a stelle e strisce di una Cape Canaveral invasa da tanta gente come non si vedeva dai tempi dell’Apollo, sembrava che fosse davvero iniziata l’era dello spazio di routine, quasi come se andare in orbita dovesse diventare un fatto normale. Ogni shuttle, dei quattro poi entrati in scena un po’ alla volta fino al 1985, avrebbero dovuto compiere cento voli ciascuno e garantire in futuro lanci a ritmo quasi settimanale. Non è andata così in realtà: il programma si concluderà al volo numero 134 compiuto da tutti gli shuttle, e il ritmo è poi sceso a 5-6 lanci all’anno. Già dopo il primo incidente tragico del 1986, vennero rivisti tutti i piani per il futuro del prestigioso programma spaziale americano, che poi verrà dedicato quasi esclusivamente alla costruzione in orbita della stazione spaziale internazionale, un progetto che è diventato realtà grazie alla cooperazione tra 17 nazioni. Dopo l’ultimo volo shuttle di settembre-ottobre di quest’anno, che verrà celebrato quasi come il primo, è prevista una pausa di alcuni anni (almeno 5), nel corso della quale nessun veicolo spaziale americano potrà lanciare astronauti in orbita e sulla stazione spaziale. Verranno quindi rafforzati i lanci delle Sojuz russe, mentre per i rifornimenti, come viveri, acqua e attrezzature scientifiche, aumenteranno i lanci dei moduli spaziali senza astronauti (russi, europei e giapponesi), in grado di attraccare alla stazione spaziale, in orbita a 400 chilometri dalla Terra. L’Italia quest’anno sarà grande protagonista nel programma dello shuttle e della stazione orbitante. Oltre alla missione di Roberto Vittori a bordo di uno shuttle (prevista per il 29 luglio), in novembre decollerà una Sojuz da Bajkonur con a bordo Paolo Nespoli, destinato ad una permanenza di sei mesi sulla stazione spaziale. Inoltre, il prossimo lancio, in programma per il 9 febbraio, vedrà la navetta Endeavour portare fino alla stazione orbitante due importanti pezzi di tecnologia italiana: il Nodo 3, battezzato "Tranquillity", costruito a Torino dalla Thales Alenia Space, che andrà ad incastrarsi, quasi fosse un mattoncino, tra gli altri moduli della stazione, e sopra di esso la "cupola spaziale", una struttura circondata da vetri. Così, un po’ come nei film di fantascienza, l’astronauta da lassù potrà fare da vedetta scrutando l’arrivo di nuove astronavi o ammirare l’immenso cielo stellato.La stazione spaziale, già da un anno abitata da 5 o 6 astronauti-scienziati in modo permanente, quest’anno con gli ultimi voli shuttle sarà completata in tutta la sua struttura e potrà finalmente garantire la produzione di tutti quei risultati scientifici per cui è stata progettata: realizzare in relativa assenza di gravità materiali impossibili da riprodurre sulla Terra, come nuove leghe metalliche super-resistenti, nuovi farmaci da utilizzare per patologie molto diffuse, nuovi apparati elettronici miniaturizzati (attraverso le nanotecnologie) e studiare sempre più in dettaglio le reazioni dell’uomo alle lunghe permanenze spaziali in vista delle future basi sulla Luna e i lunghi viaggi verso Marte.
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