mercoledì 19 marzo 2014
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Il signor Kruchnev è un uomo di indole pazien­te. Non sa ancora che a Sinferopoli si è registrato il primo morto fra le forze ar­mate ucraine e probabil­mente ha altri pensieri, cer­to non quello di un’escala­tion militare fra Kiev e i 20mila soldati russi presen­ti in Crimea. Kruchnev è il ventiseiesimo della fila. Co­me lui, nel giorno della fir­ma dell’annessione alla Russia, numerosi abitanti di Sebastopoli hanno atteso che terminasse la chiusura degli uffici pubblici di lu­nedì per precipitarsi in ban­ca. Ciascuno con la sua non dissimulata ansia nel cuo­re. La coda ai bancomat non serve quasi più: sono tutti esauriti, Unicredit li ha messi fuori servizio, Paribas ne ha in funzione ancora pochi.  «Prelevano quello che pos­sono – confida Mikhail, che il “pieno” di liquidità deve averlo già fatto – perché non si sa cosa potrà acca­dere ». Cosa chiederà al­l’impiegato quando sarà il suo turno, signor Kruch­nev? «Come minimo di cambiarmi subito le mie grivnie in rubli, e poi co- munque di darmi dei con­tanti. Ci sono problemi sul­le carte di credito, molti le rifiutano, in alcuni posti non funzionano, quasi nes­suno sa dire se convenga pagare ancora in grivnie piuttosto che in rubli...». Con una delle sue collau­date giravolte, Putin ha di­sposto che il rublo diventi la moneta corrente nella Crimea russificata già da a­prile e non dal gennaio 2016, come vanamente pro­messo alla vigilia del refe­rendum. Non solo: entro un mese tutti gli abitanti della Crimea che intendono mantenere la cittadinanza ucraina dovranno renderlo noto, altrimenti acquiste­ranno automaticamente quella russa. E ora tutti fan­no i conti, un silenzioso ma febbrile pallottoliere che rumina numeri e previsio­ni, contratti, acconti, ca­parre, debiti, crediti da ri­scuotere. Varranno ancora? E quanto? A due giorni dal­l’esaltante festa di piazza che salutava con un boato liberatorio il ritorno della Crimea nelle braccia di Mo­sca, Sebastopoli – città per­la della penisola, sede sto­rica della flotta russa del Mar Nero – si sveglia diso­rientata e dubbiosa. Men­tre marinai russi si fanno ri­trarre sotto la statua del­l’ammiraglio Nakhimov, nei caffè la gente bisbiglia dol­cemente il proprio sgo­mento. E fa conteggi feb­brili. Ma anche a Mosca il pallot­toliere è rovente. I conti non tornano. O meglio, il conto dell’annessione della Cri­mea è molto più alto di quei 3 miliardi di dollari annui necessari per le spese so­ciali, la copertura del defi­cit di bilancio della peniso­la e le infrastrutture, com­presa la costruzione del­l’annunciato ponte sullo stretto di Kerch. Cifra che il vicepremier Dmitri Kozak ha liquidato con sfastidiata sicumera, scordandosi di computare ben altre voci che l’Anschluss compor­terà. «L’elettricità e l’acqua potabile che un tempo for­niva l’Ucraina, per comin­ciare – dice Abel Genna­diyan, direttore di un pic­colo istituto bancario di Se­bastopoli – e i costi di ma­nutenzione per finire, sen­za contare il destino di Chornomornaftohaz e la Ukrtransgaz, che Gazprom potrebbe essere costretta ad acquistare». Stando al bene informato Moskovskij Komsomolets, l’annessione della Crimea costerà alla Russia almeno 20 miliardi di dollari nei prossimi tre anni. Ma analisi conver­genti di svariate società – Standard & Poor’s in testa – prefigurano una fuga di ca­pitali dalla Russia di alme­no 50 miliardi di dollari e contestualmente una cre­scente difficoltà da parte di banche e conglomerate di ottenere prestiti dall’estero.

A Sinferopoli però la perfe­zione di quell’operazione ­secessione conclusa con grande vanto di Mosca sen­za nemmeno sparare un colpo si è infranta. Ieri il sottufficiale Kakurin è stato ucciso e un capitano e un altro soldato dell’esercito u­craino ferito nella caserma del XIII centro fotogram­metrico militare della capi­tale. Secondo il portavoce militare Vladislav Seleznyov a uccidere e ferire i tre sol­dati sarebbero stati uomini dal volto coperto. Le forze armate ucraine presenti in Crimea sono tutt’ora con­segnate nelle varie caserme sotto il controllo della mili­zia e delle onnipresenti u­nità senza mostrine né se­gni di riconoscimento che hanno preso il controllo della penisola nelle scorse settimane. «Il conflitto è passato dalla fase politica a quella mili­tare – ha denunciato da Kiev il premier ucraino Ar­seniy Yatsenyuk –: I soldati russi hanno cominciato a sparare contro i militari u­craini, e questo è un crimi­ne di guerra». Immediate le contromisure prese da Kiev: «Per la loro difesa e per pro­teggere le loro vite, i solda­ti ucraini nella repubblica autonoma di Crimea sono stati autorizzati ad usare le armi», recita una nota del ministero della Difesa. «Ab­biamo ordine di sparare a vista su chiunque tenti di entrare qui», dice il tenen­te colonnello Igor Mamciur, barricato nel Comando del­la Marina ucraina in pieno centro a Sinferopoli.

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