mercoledì 20 luglio 2011
L'Onu ha dichiarato ufficialmente lo stato di carestia in due regioni del sud della Somalia. Sono circa 350 mila le persone colpite dalla fame, "nella più grave crisi alimentare in Africa degli ultimi venti anni". 
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L'Onu ha dichiarato ufficialmente lo stato di carestia in due regioni del sud della Somalia. Sono circa 350 mila le persone colpite dalla fame, "nella più grave crisi alimentare in Africa degli ultimi venti anni". "Le Nazioni Unite hanno dichiarato oggi lo stato di carestia in due regioni del sud della Somalia: il sud di Bakool e il Basso Shabelle", hanno affermato nell'ufficio di coordinamento degli Affari umanitari dell'Onu in Somalia. Secondo la Nazioni Unite, oltre 10 milioni di persone, nella regione del Corno d'Africa, stanno affrontando le conseguenze di uno dei periodi peggiori di siccità degli ultimi decenni.SBARCANO GLI AIUTI di Matteo Fraschini KoffiCon l’aggravarsi della crisi umanitaria nel Corno d’Africa, le Na­zioni Unite hanno conferma­to che i loro operatori sono riusciti a portare gli aiuti di­rettamente nelle zone con­trollate dai ribelli qaedisti so­mali di al-Shabaab. L’Unicef ha spedito un volo carico di ci­bo e medicinali che ha rag- giunto la città di Baidoa nel fi­ne settimana, usando una pi­sta d’atterraggio che in prece­denza era stata chiusa dai ri­belli. «La ragione per cui abbiamo usato un volo è relativa alla ve­locità con cui vogliamo ope­rare », ha confermato Rozan­ne Chorlton, rappresentante Unicef per la Somalia: «Dob­biamo far arrivare gli aiuti il più velocemente possibile per l’aumento di sfollati in Soma­lia. L’operazione è andata be­ne – ha concluso Chorlton – i ribelli hanno lasciato gli ope­ratori dell’Onu in pace». La ca­tastrofe umanitaria coinvolge ormai più di undici milioni di persone, due milioni di bam­bini, e decine di migliaia di profughi che tentano di rag­giungere i campi tra Kenya e Somalia dove sperano di por­tare in salvo i loro figli. In al­cune aree del Corno d’Africa, il prezzo del grano è salito tra il 100 e il 200%, riducendo dra­sticamente la disponibilità di alimenti per le famiglie e per il bestiame. I media locali hanno definito la regione compresa tra Kenya, Etiopia e Somalia «il triangolo della morte». «Ab­biamo ricevuto circa 835 mi­lioni di dollari», afferma una nota delle Nazioni unite: «È però necessario un altro mi­liardo di dollari di finanzia­menti per affrontare la crisi». Altri governi stanno rispon­dendo all’appello delle agen­zie umanitarie, tra questi il Kuwait e il Canada che hanno deciso di donare 10 e 22 mi­lioni di dollari rispettivamen­te. Alcuni analisti credono che permettendo l’arrivo degli aiuti nelle loro zone, i ribelli vogliano evitare un pericolo­so accrescimento del malcon­tento popolare, mentre altri sostengono che al-Shabaab sfrutti questa opportunità per ottenere peso politico e risor­se economiche. La situazione sta invece peggiorando verti­ginosamente nei corridoi del potere nella capitale somala Mogadiscio. Il nuovo primo ministro, Abdiweli Mohamed Ali, è in ritardo rispetto alla no­mina del successivo Governo federale di transizione soma­lo ( Tfg). La profonda divisione tra il presidente somalo, Sheikh Sharif Ahmed, e lo speaker del Parlamento, Sheikh Sharif Hassan Adam, continua a causare enormi difficoltà a li­vello politico. Ieri mattina, le guardie di sicurezza dei due leader si sono scontrate da­vanti al palazzo presidenziale a colpi d’arma da fuoco cau­sando l’uccisione di almeno due soldati e il ferimento di di­versi altri. Sharif Ahmed e Sharif Hassan vogliono avere i propri alleati seduti sulle più importanti poltrone ministeriali per es­sere a capo della gestione dei lauti fondi internazionali. Un recente rapporto del Consiglio atlantico presentato al con­gresso americano ha però sti­mato che: «Tra il 2009 e il 2010, dei 75 milioni di dollari desti­nati al Tfg meno di 3 milioni sono stati rintracciati nella contabilità – recita il docu­mento – Raccomandiamo che siano investigati l’ufficio del presidente e del primo mini­stro, oltre ai ministeri delle Fi­nanze e dell’informazione». Immediata la replica del de­putato somalo Ali Mohamoud Farah Seko, vice presidente del comitato parlamentare della Giustizia, ha dichiarato che: «Se gli americani mi daranno le prove di tale corruzione, i colpevoli verranno subito pro­cessati ».
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