lunedì 11 giugno 2018
Contatti sospetti del finanziatore dell'anti-Ue Farage. Il miliardario si difende: «Caccia alle streghe su Brexit e la Casa Bianca»
Una manifestazione a Londra del fronte per l'abbandono dell'Unione Europea (Ansa)

Una manifestazione a Londra del fronte per l'abbandono dell'Unione Europea (Ansa)

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Le voci si rincorrevano da tempo, come il sospetto che oltre alle elezioni negli Usa vi fosse stata un'influenza Russa anche sul referendum di separazione di Londra dell'Ue. Poi c'era anche il sospetto che i metadati di Facebook utilizzati da Cambridge Analytica riguardassero anche il referendum anti-Ue britannico. Ma un Russiagate in tono minore, e in salsa britannica, rischia ora sempre più di prendere forma da questo lato dell'Oceano sulle presunte intromissioni di Mosca nella partita per la Brexit. Partita vinta dagli euroscettici con l'epilogo del referendum di due anni fa, ma al centro di conflitti tutt'altro che sopiti e destinati a riproporsi in settimana in un nuovo ciclo di voti parlamentari alla Camera dei Comuni: potenzialmente esiziali per Theresa May, se la pattuglia del dissenso Tory più irriducibile dovesse ignorare gli appelli alla disciplina di partito e unire le forze con l'opposizione laburista di Jeremy Corbyn sull'unione doganale o su altri emendamenti esplosivi per la linea del governo nel passaggio conclusivo della cruciale legge quadro per l'uscita dall'Ue.

Pietra dello scandalo sulla scena di questa nuova vicenda di "contatti russi" stavolta è il loquace miliardario Arron Banks, donatore fra i più munifici dell'arena politica d'oltremanica e finanziatore, con 12 milioni di sterline nel 2016, di una delle campagne pro Brexit, Leave.EU: quella legata all'Ukip di Nigel Farage. Il businessman è stato preso di mira dal "Sunday Times" di Rupert Murdoch - e di rincalzo dall'"Observer" come dal "Mail" - per aver incontrato almeno tre volte l'ambasciatore russo a Londra, Aleksandr Yakovenko, a cavallo della data del referendum, assieme a Andy Wigmore, suo braccio destro in seno a Leave.EU.

E per aver intrecciato - tramite la sede diplomatica e un fantomatico ex agente dell'intelligence russa - rapporti con un tycoon dell'est con interessi nel settore delle miniere d'oro. Le rivelazioni si basano sui contenuti di alcune delle 40.000 email carpite - "illegalmente" secondo l'interessato - da Isabel Oakeshott, già ghost-writer d'un libro sulla Brexit firmato dallo stesso finanziere amico di Farage. Il tutto ha un pò il
profumo d'una resa dei conti. Oakeshott, specialista di biografie "non autorizzate", segreti 'rubatì e scoop a colpi di sensazionalismo sulle pagine del Daily Mail, è infatti una sorta di pasionaria pentita della Brexit: rivoltatasi contro il suo vecchio committente, a cui rinfaccia adesso d'essersi fatto "vergognosamente usare" dagli odiati russi - tornati a essere la bestia nera del Mail come di gran parte della stampa britannica nel clima attuale di neo-guerra fredda rampante -, non senza arrivare addirittura a dirsi certa che "la decisione degli elettori sarebbe stata diversa, se solo avessero saputo". Arron Banks - che nel libro affidato alla sua accusatrice di oggi e intitolato 'Bad Boys of Brexit' aveva ammesso un solo faccia a faccia con l'ambasciatore, oltre a un viaggio a Mosca nel febbraio 2016, quattro mesi prima del referendum - ha replicato a muso duro, facendosi scudo con la Casa Bianca ed evocando "una comoda caccia alle streghe politica contro la Brexit e Donald Trump". Mentre ha derubricato a incontri occasionali quelli con Yakovenko, negando peraltro di aver poi chiuso alcun affare in Russia. In settimana sarà comunque sentito ai Comuni dalla commissione parlamentare su Digitale e Media, il cui presidente, il conservatore Damian Collins, lo ha preavvertito che dovrà rispondere a interrogativi "seri" sulle ombre dei supposti tentativi d'interferenza della Russia, "un Paese che non è nostro amico". E sul sospetto di possibili guadagni sotto banco.
L'ambasciata russa da parte sua nega tutto o quasi. Noi non interferiamo "nella politica interna, referendum sulla Brexit incluso", taglia corto in una nota. Derubricando a "elemento naturale" di qualunque attività diplomatica i contatti con investitori e figure pubbliche: "di ogni orientamento".

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