sabato 11 maggio 2024
Il "balletto" tra i due fenomeni climatici è fonte di preoccupazione. Possibili problemi per i raccolti di grano, mais, soia e orzo
Siccità in Argentina

Siccità in Argentina - Reuters

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Fuori El Niño, dentro La Niña. È il cambio del modello meteorologico che secondo il Climate Prediction Center (Cpc), l’agenzia di previsioni sul clima del governo statunitense, dovrebbe compiersi entro l’anno. Il primo, per la precisione, dovrebbe attenuarsi entro giugno per lasciare il posto al secondo tra settembre e novembre. Gli esperti, preoccupati, si chiedono: «Di già?».

Tutti hanno imparato a conoscere El Niño come il fenomeno da cui dipendono le ondate di calore e la siccità che negli ultimi tempi hanno messo a dura prova, su scala globale, l’agricoltura, la biodiversità e la vita stessa di alcune comunità. Si verifica quando la temperatura superficiale dell’Oceano Pacifico orientale, complici i venti che soffiano più deboli, sale molto al di sopra dei 0,5 gradi Celsius con picchi che verso Natale (il nome è un riferimento al Bambino Gesù) possono arrivare fino a 4 gradi.

La Niña è l’effetto opposto che subentra quando la ripresa degli alisei raffredda le acque di questo settore del Pacifico tropicale facendone scendere la temperatura in modo consistente. Si tratta di una dinamica naturale ciclica, di un’oscillazione tra momenti che gli esperti definiscono «teleconnessi», che fino a qualche tempo fa poteva durare anche 5-7 anni, intervallata, nel passaggio dalla fase calda a quella fredda, da mesi di neutralità. Importante perché regola la distribuzione delle precipitazioni, l’alternanza tra siccità e piovosità, non solo nelle regioni che si affacciano sul Pacifico ma, a cascata, in tutto il mondo. Non a caso El Niño e La Niña sono noti anche per il loro impatto sulla stagione degli uragani nell’Atlantico.

L’altalena tra i due fenomeni è da tempo motivo di preoccupazione tra gli esperti perché caratterizzata da tempistiche anomale: un altro effetto del cambiamento climatico. L’Organizzazione meteorologica mondiale (Omm) ha ufficialmente dichiarato l’arrivo dell’ultimo Niño “solo” a giugno scorso e pure con in anticipo rispetto alle previsioni di allora. È stato, lo ricordiamo, talmente intenso da essere stato classificato nella categoria di “super El Niño”. I suoi effetti sono stati devastanti soprattutto in America Latina e nell’Africa orientale piegata da una gravissima crisi umanitaria causata da inondazioni di portata eccezionale.

Il fatto che si stia già attenuando per fare posto alla “sorella” fredda è dunque segno di alterazioni repentine che potrebbero estremizzare gli eventi meteorologici. Se le previsioni venissero confermate, si tratterebbe della quarta alternanza in cinque anni, un’incidenza che potrebbe portare a uragani atlantici particolarmente violenti o diffusa siccità.

Secondo Sabrin Chowdhury, analista della società Bmi del gruppo Fitch Solutions, “La Niña influenzerà probabilmente la produzione di grano e mais negli Stati Uniti, oltre che di soia, orzo, grano e mais nell’America del Sud». È qui, nelle nazioni latinoamericane già provate da prolungate siccità, che l’allerta è massima. Ma è al mondo intero che interessa: un ulteriore abbassamento della resa delle colture e della qualità dei raccolti, per esempio, in Brasile, Argentina e Uruguay, potrebbero aggravare i problemi di approvvigionamento di questi prodotti a livello globale.

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