sabato 19 giugno 2010
In aumento sfollati e persone «sradicate» dal proprio territorio: sono 43,3 milioni. A 15,2 è stato riconosciuto lo status legale di rifugiato di cui domani l’Acnur celebra la Giornata mondiale. L’annuale rapporto dell’Agenzia Onu: siamo tornati ai livelli tragici degli anni ’90. E i rientri in patria hanno toccato il minimo storico da 20 anni.
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L’ultima grande “emorragia” planetaria, fulminante, si propaga ancora in queste ore in Kirghizistan, dove il fiume degli sfollati che cercano riparo dalle violenze in corso ha già superato le 400mila persone, secondo l’Onu. È proprio una geografia in perenne evoluzione quella degli sfollati e rifugiati che nelle aree più martoriate del pianeta cercano quotidianamente scampo da conflitti, persecuzioni e altre situazioni insopportabili. Ma quest’anno, la Giornata mondiale del rifugiato, promossa domani dall’Acnur (Alto commissariato Onu per i rifugiati) con iniziative talora anche spettacolari in decine di Paesi, sarà celebrata con un’apprensione ancora maggiore. Gli scenari più aggiornati appaiono infatti come i più foschi dell’ultimo decennio.Secondo l’annuale rapporto sintetico dell’Acnur, appena pubblicato, il numero di persone “sradicate” in modo violento dal suolo natale o comunque dalle aree abituali di residenza ha di nuovo raggiunto i peggiori livelli degli anni Novanta.Gli “sradicati” nel mondo erano nel 2009 almeno 43,3 milioni, di cui oltre 15 milioni i rifugiati. Una popolazione, cioè, paragonabile a quella dell’intera Spagna. E come avverte l’Acnur, in certe aree particolarmente critiche, le cifre ufficiali sono probabilmente ben al di sotto dei drammi reali. Le più grandi diaspore di rifugiati restano quella afghana (quasi 2,9 milioni) e irachena (circa 1,8 milioni). Non sorprende, dunque, che i maggiori Paesi mondiali di destinazione siano i limitrofi Pakistan, Iran e Siria, tutti oltre il tetto di 1 milione di rifugiati accolti. Fra la selva di dati inquietanti, uno in particolare mostra che le maggiori piaghe umanitarie del pianeta, soprattutto in Medio Oriente e in Africa, stentano sempre più a cicatrizzarsi: nel 2009, solo per 251mila rifugiati si è aperta la strada di un ritorno in patria e nelle regioni d’origine. Si tratta del riflusso più basso dell’ultimo ventennio, dopo una lunga fase in cui la media sembrava attestarsi attorno a un milione di rientri l’anno. Questa spaventosa aritmetica rischia ancor più di aggravarsi, ha sostenuto nelle ultime ore l’ex premier portoghese Antonio Guterres, a capo dell’Acnur: «I rifugiati in esilio da almeno 5 anni rappresentano ormai la maggioranza dei rifugiati del mondo. Questa percentuale è destinata a crescere se diminuisce il numero di rifugiati in misura di rientrare». Lo scenario complessivo, per l’Alto commissario Onu, non offre sprazzi d’ottimismo: «I maggiori conflitti, come in Afghanistan, in Somalia e nella Repubblica democratica del Congo non lasciano intravedere speranze di soluzione». In altri Paesi martoriati, la cronicizzazione dell’insicurezza ha raffreddato tante speranze: «I conflitti che sembravano orientarsi verso una fine o stavano trovando una soluzione, come nel Sudan meridionale o in Iraq, restano in un vicolo cieco», osserva Guterres.Sugli oltre 43 milioni di “sradicati”, circa un terzo (15,2 milioni) aveva ottenuto l’anno scorso lo status internazionale di rifugiato in senso stretto. Ma in Paesi come ad esempio Colombia, Somalia e Repubblica democratica del Congo, resta altissimo il numero di fuggiaschi che non hanno oltrepassato le frontiere nazionali, cercando scampo nei territori più vicini. Nel solo 2009, questi rifugiati interni sono cresciuti del 4%, raggiungendo su scala planetaria il livello record di 27,1 milioni.Come negli anni passati, il rapporto di Acnur sfata la visione ancora diffusa di masse incalcolabili di profughi tutti potenzialmente pronti a puntare verso i lontani Paesi ricchi occidentali. Solo in minima misura, i viaggi e le aspirazioni di sfollati e rifugiati coprono un raggio intercontinentale. In base a questa logica, il Sudafrica attualmente in piena febbre calcistica è anche lo Stato al mondo che riceve la maggiore pressione in termini di richieste d’asilo. Coinvolto da tempo nei negoziati soprattutto contro l’instabilità nella regione dei Grandi Laghi, il Sudafrica ha ricevuto l’anno scorso ben 222 mila richieste d’asilo o di protezione sotto lo status di rifugiato: ovvero, quasi un quarto del totale mondiale (922 mila). In tutto, secondo l’Acnur, alla fine del 2009 il governo sudafricano registrava ancora ben 310 mila casi pendenti in fase di studio. Cifre di un altro ordine rispetto ad esempio all’Europa, con 39mila casi allo studio in Germania, 35mila in Francia, 12mila nel Regno Unito, 4mila in Italia e poco più di 3 mila in Spagna. Ma i rapporti cambiano se si considera l’accoglienza complessiva cumulatasi nel tempo: nel 2009, il Paese di Nelson Mandela offriva ospitalità a 48mila rifugiati, contro ben 594mila in Germania, 270mila nel Regno Unito, 196mila in Francia, 55mila in Italia e 4mila in Spagna. Fra gli altri dati che non mancheranno di far riflettere in Europa, uno proviene dagli Stati Uniti. Benché le statistiche internazionali specifiche restino lacunose, gli States avrebbero assicurato da soli nell’ultimo decennio oltre la metà delle 1,3 milioni di naturalizzazioni di rifugiati registrate del mondo.
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