lunedì 20 novembre 2023
Il 16% delle emissioni globali nel 2019 sono state prodotte da 77 milioni di miliardari. Le conseguenze saranno disastrose soprattutto per i meno abbienti: ondate di calore, inondazioni e incendi
Lo smog che soffoca New Delhi

Lo smog che soffoca New Delhi - Afp

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A meno di dieci giorni dall’inizio della Cop28, la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici in programma per il prossimo 30 novembre a Dubai, arriva da un rapporto realizzato da Oxfam un dato allarmante. Nel 2019, infatti, l’1% più ricco della popolazione mondiale è stato responsabile dell’emissione di un quantitativo di anidride carbonica pari a quella prodotta da oltre 5 miliardi di persone, cioè due terzi della popolazione mondiale. Ma quello che preoccupa maggiormente è l’effetto a lungo termine di questo squilibrio: si stima infatti che queste emissioni causeranno oltre 1 milione di morti entro il 2030.

Il rapporto si intitola “Uguaglianza climatica: un pianeta per il 99%” e si basa su un’indagine condotta dall'Istituto per l'ambiente di Stoccolma (Sei). Sono stati studiati i consumi della popolazione mondiale suddividendola per fasce di reddito ed è emerso che 77 milioni di persone (pari all’1% della popolazione) sono responsabili del 16% delle emissioni globali, cioè 5,9 miliari di tonnellate: è la stessa quantità prodotta dai due terzi della popolazione più povera, percentuale che rappresenta 5,11 miliardi di persone. Il calcolo del reddito per l’1% della popolazione è stato adattato a seconda del potere d’acquisto di ciascun Paese. Se, ad esempio, negli Stati Uniti la soglia per entrare a far parte di questa fascia è stata fissata a 140.000 dollari (pari a 128.000 euro), l'equivalente per il Kenya è stato calcolato essere circa 40.000 dollari. «Il rapporto di oggi sul divario delle emissioni mostra che, se non cambia nulla, nel 2030 le emissioni saranno di 22 miliardi di tonnellate superiori a quelle consentite dal limite di 1,5 gradi. Si tratta più o meno del totale delle attuali emissioni annuali di Usa, Cina e Ue messe insieme» ha commentato con preoccupazione il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres.

L’effetto di queste emissioni si concretizza oggi nell’innalzamento delle temperature, ma Oxfam rende noto che ad aumentare saranno anche i decessi causati dal caldo. Si stima che la media arriverà a toccare le 850 morti ogni anno, cifra che corrisponde a 67.800 decessi entro il 2100. Spiega infatti l’esperta di fiscalità di Oxfam, Chiara Putaturo, che lo stile di vita sempre più lussuoso e opulento di quell’1% di popolazione causa e causerà sempre più disagi alle fasce più povere, come ondate di caldo, inondazioni, smottamenti o incendi. In particolare, è emerso che dal 1990 al 2019, le emissioni di questa piccola parte di popolazione mondiale avrebbero distrutto i raccolti dell'anno scorso di mais europeo, grano statunitense, riso bengalese e soia cinese. All’interno delle fasce più povere della popolazione, a farne le spese sono alcuni gruppi sociali in particolar modo: le comunità etniche emarginate, i migranti e le donne. Questi soggetti sono infatti quelli che in maniera più probabile lavorano fuori casa e quindi sono più direttamente esposti a qualsiasi condizione meteorologica, ma, allo stesso tempo, sono anche quelli che meno facilmente hanno risparmi, coperture assicurative o protezione sociale.

L’Onu afferma inoltre che il 91% dei morti per fenomeni legati a cambiamenti climatici estremi abita in Paesi in via di sviluppo. Il rapporto rileva inoltre che ci vorrebbero almeno 1500 anni perché qualcuno che si trova nel 99% più povero della popolazione produca tanto carbonio quanto ne producono i miliardari in un solo anno. A preoccupare è anche un rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (Unep) che ha reso noto il fatto che con gli attuali impegni sul clima assunti dai Paesi di tutto il mondo, il pianeta è su una traiettoria di riscaldamento catastrofico: entro il 2100 l’innalzamento delle temperature passerà da 2,5 a 2,9 gradi

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