venerdì 21 gennaio 2022
Il presidente punta a insidiare il «Giardino di casa» degli Usa aprendo basi a Cuba e in Venezuela. E' la risposta al sostegno Nato in Ucraina. E i regimi latini gongolano
Il presidente Vladimr Putin con il cappello della marina russa

Il presidente Vladimr Putin con il cappello della marina russa - Archivio

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Jack Sullivan le ha apostrofate come «fanfaronate». Il Consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Biden non crede che la Russia attuerà i suoi propositi guerrafondai: inviare sottomarini nucleari a poca distanza dalle coste statunitensi, solcarle con navi spia e schierare jet militari in America Latina, nel «Giardino di casa» degli Usa, da sempre gelosi della dottrina Monroe e arbitri dei destini di molti Paesi dell’area. Invece, il Cremlino ci sta pensando seriamene.

Sarebbe la rappresaglia finale se la Nato aprisse le porte dell’Alleanza all’Ucraina e alla Georgia. Sergeij Ryabkov, viceministro russo agli Esteri, è stato molto perentorio «la palla è in mano agli americani». L’intervista che ha rilasciato all’emittente televisiva Rtvi è ricca di spunti. Parte dalle «misure militari e tecniche» già evocate dal presidente Putin e lascia trapelare che i cacciabombardieri con la stella rossa potrebbero ombreggiare le coste degli Stati Uniti, portandosi ai loro confini meridionali, a 15 chilometri dalle basi americane di frontiera. Sarebbe uno scenario inedito dalla crisi di Cuba del 1962. Aprirebbe una nuova stagione della “Guerra fredda 2.0” già in itinere sul Continente europeo.

Un sommergibile a propulsione nucleare russo nella Penisola della Kamcatka, nell'estremo nord-est del Paese

Un sommergibile a propulsione nucleare russo nella Penisola della Kamcatka, nell'estremo nord-est del Paese - Ansa

Mosca ha molte carte da giocare in America Latina. Potrebbe aprire basi militari a Cuba, di cui si parla insistentemente da anni. E una base per cacciabombardieri russi potrebbe spuntare anche sull’isola della Orchila, territorio venezuelano a soli duemila chilometri dagli Stati Uniti. Quando, nel 2018, vi erano atterrati due jet nucleari russi, a Washington avevano tuonato. La faccenda è da prendere molto sul serio. La Russia ha ripreso a sfornare aerei a iosa e sta lavorando al nuovo super-bombardiere per i conflitti di domani. Potrebbe dislocarne due dozzine fra il Venezuela e Cuba, insieme ad elicotteri e blindati.

Fin dall’epoca di Hugo Chávez i rapporti bilaterali sono tornati agli antichi fasti. La Russia è il principale fornitore di armi del regime Maduro. Per Mosca è un mezzo di geopolitica assertiva, prima risposta alle attività della Nato ai suoi confini. Dal 2014, dopo il blitz in Crimea e le sanzioni occidentali, i regimi amici del Sudamerica hanno spalancato le porte ai russi, non accodandosi agli embarghi di Stati Uniti ed Ue. Il Nicaragua va a braccetto con il Venezuela nei corteggiamenti anti-americani del Cremlino. Il 90% dei materiali del paese è di origine sovietica. Le forniture russe di armi potrebbero presto mutare forma: finora il Cremlino è stato attendista. Ha rinunciato a vendere ai suoi clienti sudamericani sistemi per la guerra offensiva, per non irritare Washington. Ora che molti senatori democratici propongono di fornire all’Ucraina armi più dirompenti, anche la Russia potrebbe cambiare spartito.

Quando, in estate, ha presentato al mondo il nuovo cacciabombardiere, rivale dell’F-35, ha citato fra i clienti molto probabili l’Argentina. Buenos Aires sta faticando non poco a procurarsi jet supersonici, utilissimi per contrastare i britannici in caso di guerra per le Falkland. A dicembre, Russia e Argentina hanno firmato un patto militare che prevede l’addestramento di piloti, uomini rana e cecchini argentini in Russia. E da diversi mesi si fa strada la voce che l’aviazione argentina sia prossima ad acquistare bombardieri russi e caccia leggeri. Mosca sarebbe disposta ad aprire una linea di credito a tassi agevolati, inferiori al 4-5%, pur di mettere un bastone fra le ruote ai rivali britannici. Richard Lagorio, ambasciatore argentino a Mosca, è un grande amico della Russia: ha sempre dichiarato che Buenos Aires è «contraria alle sanzioni imposte a Mosca». E il suo Paese è stato ripagato in moneta sonante: la Russia è diventata nel giro di pochi anni il secondo importatore di carne argentina, subito dopo la Cina. Ne comprava 4.600 tonnellate nel 2017 e oggi ne acquista più di 40mila. Anche le armi potrebbero presto tornare al centro degli scambi.

Forse Sullivan farebbe bene a non sottovalutare il potere destabilizzante della guerra ibrida che i russi potrebbero scatenare a un tiro di schioppo dalla California. La dottrina di politica estera di Mosca, aggiornata nel 2021, parla apertamente di «una centralità ritrovata dell’America Latina» nelle politiche di proiezione. E Washington lo sa.

Putin a bordo di un sommergibile atomico russo

Putin a bordo di un sommergibile atomico russo - Ansa

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