giovedì 24 febbraio 2011
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Cavalcando l’onda invisibile di internet, il tam tam della protesta ha raggiunto persino l’Arabia Saudita. Una pagina di Facebook che chiama a raccolta per una "giornata della collera" è apparso ieri nell’impenetrabile regno wahabita. Ennesima dimostrazione di quel ruolo chiave che i social media della Rete hanno svolto in queste settimane negli storici sommovimenti in Medio Oriente.L’appuntamento della "giornata della collera" è per il prossimo 18 marzo e si contano già centinaia di adesioni, anche se non è noto quante arrivino in effetti dall’interno del Paese e quante invece dall’estero. Gli analisti in realtà non si attendono rivolte in Arabia Saudita, anche perché il governo è in grado di ammansire gli oppositori con un ampio welfare finanziato dai proventi del petrolio. Non a caso sempre ieri re Abdallah ha annunciato fondi a pioggia per far fronte all’inflazione, aiutare i giovani disoccupati e quelli che studiano all’estero. Evidentemente una contromossa strategica vista la facilità con cui si sono propagate le proteste. Perché anche qui sui soliti Facebook e Twitter sono spuntati recentemente messaggi che rivendicavano maggiore partecipazione e democrazia. E i fatti accaduti in meno di due mesi e mezzo hanno dimostrato come Internet possa trasformarsi in un’arma difficilmente controllabile.Lo hanno capito, seppure tardivamente, gli Stati Uniti. Il Dipartimento di Stato guidato da Hillary Clinton ha stanziato la settimana scorsa 30 milioni di dollari per addestrare oppositori e dissidenti di Stati "canaglia" ad aggirare sul web le barriere della censura. Il provvedimento è stato accompagnato da polemiche, poiché i fondi erano stati deliberati da tempo da parte del Congresso. Del resto non si poteva più attendere. La scintilla che ha fatto scoppiare le rivolte in Tunisia è stato il gesto disperato di un venditore ambulante, che si è dato fuoco per protestare contro il rincaro dei prezzi. Ma la mobilitazione che ha portato alla cacciata di Ben Ali è stata resa possibile dall’uso crescente di Internet da parte dei giovani tunisini, molti dei quali hanno messo a disposizione le loro conoscenze per mettere fuori uso i filtri creati dalle autorità di controllo. In Egitto il governo di Hosni Mubarak si è spinto a "staccare la spina" del web, un fatto senza precedenti. L’oscuramento, durato cinque giorni, ha portato immediatamente al collasso di tutte le comunicazioni e secondo una stima dell’Ocse è costato all’Egitto quasi 100 milioni di dollari. Sappiamo come è andata a finire.I social network sono serviti anche per organizzare le manifestazioni in Bahrein e Marocco. In Libia i nuovi mezzi di comunicazione, per quanto improvvisati, hanno potuto sopperire nei giorni scorsi alla mancanza di giornalisti sul posto, proprio come era avvenuto nel 2009 in Iran con le proteste dell’Onda verde. Il blocco di internet ordinato dal colonnello Gheddafi non è bastato a spegnere il canale di Twitter, che ha consegnato al mondo in tempo reale le crude immagini di una repressione altrimenti non conoscibile. Per questo il Dipartimento di Stato intende finanziare programmi per contrastare la censura e formare gli attivisti dei diritti umani in modo che sappiano come sottrarsi ai controlli delle autorità. «Coloro che contrastano la libertà su Internet possono frenare le aspirazioni dei loro popoli per un po’, ma non per sempre – ha detto la Clinton –. Gli Stati Uniti continueranno a promuovere una rete dove i diritti delle persone siano protetti, aperta al cambiamento, interoperativa ovunque nel mondo, abbastanza sicura da ispirare fiducia e abbastanza affidabile per sostenere il loro impegno». D’altra parte gli Stati Uniti, se vorranno ascoltare le istanze provenienti dai giovani mediorientali, dovranno badare maggiormente a coloro con i quali stringono alleanze nella regione. Infine dovranno fare i conti con le potenze rivali: l’iniziativa americana è stata accolta negativamente dalla Cina e con freddezza dalla Russia.Come ogni arma, comunque, anche la Rete andrà maneggiata con cura. Ora gli Stati Uniti intendono utilizzarla per esportare democrazia. Sempre meglio dei cacciabombardieri.
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