sabato 24 febbraio 2024
Progressi nei colloqui di Parigi tra Israele, Usa, Egitto e Qatar. I terroristi avrebbero ridimensionato le pretese. Si lavora a 6 settimane di pausa con il rilascio di 40 ostaggi e 200-300 detenuti
La parente di un ostaggio ancora in mano ad Hamas.  Genitori, fratelli, mogli e figli delle persone prigionieredei terroristi a Gaza non si arrendono e manifestano ogni giorno contro il governo

La parente di un ostaggio ancora in mano ad Hamas. Genitori, fratelli, mogli e figli delle persone prigionieredei terroristi a Gaza non si arrendono e manifestano ogni giorno contro il governo - Reuters

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Ci sono concreti passi avanti verso una tregua a Gaza che entri in vigore prima del Ramadan, ovvero entro il 10 marzo, come chiedono gli Stati Uniti. Nei colloqui di Parigi, tra i negoziatori israeliani e i mediatori di Usa, Egitto e Qatar, sarebbe stato definito il quadro del potenziale accordo. Ora la palla torna nel campo di Hamas, che sarà nuovamente interpellato dai mediatori egiziani e qatarioti ma che già nei giorni scorsi, al tavolo del Cairo, aveva ridimensionato le richieste.

Fonti a diretta conoscenza del dossier hanno riferito al quotidiano Haaretz che a Parigi «è stato fatto un progresso significativo». Un diplomatico ha indicato che si potrebbe arrivare all’accordo entro due settimane, per quanto «ogni ulteriore avanzamento sia nelle mani di Hamas». «Siamo ancora lontani da un accordo ma Hamas ha abbandonato alcune sue richieste in seguito all’irrigidimento del premier Benjamin Netanyahu» ha commentato un alto funzionario politico israeliano. In serata a Tel Aviv si sono riuniti il gabinetto di guerra e il governo per esaminare la proposta.

Secondo il beninformato sito statunitense Axos, il quadro dell’accordo comprende sei settimane di tregua, il rilascio di 40 ostaggi e la scarcerazione di 200 o 300 detenuti palestinesi. Siti d’informazione sauditi aggiungono che Hamas chiederebbe il ritiro dell’esercito dai principali centri abitati in modo da consentire il ritorno degli sfollati. Resterebbero da definire il criterio di selezione degli ostaggi e dei detenuti da liberare e le condizioni dettagliate per il cessate il fuoco.

Sul tavolo dei negoziati ci sarebbero dunque una sospensione temporanea delle ostilità, e non il ritiro delle forze di terra che finora Hamas poneva come condizione irrinunciabile, e la liberazione di un gruppo di ostaggi, e non il ritorno a casa di tutti i 134 (o il centinaio in vita) sempre chiesto finora da Israele. Entrambe le parti avrebbero finalmente dato prova, sotto la pressione egiziana, araba e statunitense, di una certa flessibilità. E il risultato sarebbe prezioso per le famiglie israeliane in trepidazione per i propri cari da quasi cinque mesi e per i 2,3 milioni di gazawi al freddo e alla fame sotto i bombardamenti.

Nel nord della Striscia, a Gaza City e dintorni, restano circa 300mila persone la cui situazione è sempre più critica dal momento che per motivi di sicurezza da diversi giorni non arrivano i camion degli aiuti alimentari, che entrando da sud dovrebbero risalire l’intera Striscia. Le infrastrutture sono quasi tutte distrutte, negozi e servizi praticamente inesistenti e la ricerca di cibo rischia di sovvertire quel poco che resta di ordine pubblico. Ma la maggior parte della popolazione è sfollata al sud: circa 1,5 milioni nella zona di Rafah, l’unica città dove non è arrivata l’offensiva di terra e dove prima della guerra vivevano circa 280mila persone, più altri 250mila sulla costa sabbiosa di al-Mawasi priva di qualsiasi infrastruttura, sotto tende di plastica.

Si combatte nella città di Khan Yunis e in alcune parti del nord, in particolare nel quartiere Zaitun di Gaza City. Un raid su un’abitazione a Rafah, nella zona di al-Geneina vicino a una strada trafficata che conduce a un mercato, avrebbe ucciso almeno sette persone, ferendone decine: al-Jazeera riferisce di «corpi sparsi per le strade». Stando al ministero della Sanità di Hamas, che raccoglie i dati forniti dagli ospedali, sarebbero 92 i morti in ventiquattr’ore. Dall’inizio del conflitto il bilancio è salito a 29.606 uccisi e 69.737 feriti.

L’esercito informa di avere trovato una serie di mortai e altre armi nascosti in borse marchiate Unrwa (l’agenzia Onu per i profughi palestinesi, che Israele accusa di collusione con Hamas) nella casa di un alto ufficiale dell’intelligence del movimento a Khan Yunis. Nella stessa incursione sarebbe stato individuato e distrutto l’imbocco di un tunnel.
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