sabato 11 gennaio 2014
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Nato nel febbraio 1928 in un villaggio ebraico della Palestina sotto mandato britannico, Ariel Sharon (Sheinerman) - morto oggi a 85 anni - è stato fin da ragazzo un personaggio chiave nello Stato di Israele: spesso ammirato dai connazionali, ancora più spesso temuto dai dirigenti del Paese, perfino odiato dalla stampa locale, ma mai sottovalutato. In vecchiaia l'uomo che aveva sempre innescato passioni contrastanti si sarebbe però scoperto, ome un Padre della patria, espressione di un largo consenso nazionale. All'apice della carriera politica, la sua fibra è stata stroncata da un ictus. L'uomo che per decenni era stato una "Spada di Davide" ed aveva fatto ricorso alla forza per modellare un Medio Oriente a misura di Israele, dal gennaio 2006 è stato costretto nel letto di un ospedale di Tel Aviv. In questo simile al suo acerrimo rivale, il palestinese Yasser Arafat, spentosi in un ospedale francese dopo una lunga agonia.  La storia personale di 'Arik' (leoncino) Sharon inizia nei campi del villaggio di Kfar Mallal. Il padre Shmuel è un rude agronomo russo, che costringe il figlio a lavorare nei campi fin da bambino. A 20 anni, Sharon rischia di non vedere la nascita dello Stato di Israele per una grave ferita riportata a Latrun, in una battaglia con la Legione giordana. Ma nel 1953 è già in prima linea: anzi, oltre le linee nemiche, alla guida della Unità 101 incaricata dal premier David Ben Gurion di compiere azioni di ritorsione alle incursioni dei fedayn palestinesi. E la '101' diventa sinonimo di crudeltà: soprattutto dopo la strage di Kybia (Cisgiordania), dove morirono 60 palestinesi.    Tattico militare brillante, Sharon fa carriera: prima nei parà, poi nei carristi. Nel 1967 (guerra dei Sei Giorni) combatte nel Sinai e con le sue manovre disorienta 16mila soldati egiziani. Nel 1973 (guerra del Kippur) è di nuovo nel Sinai, alla guida di una testa di ponte che sfonda le linee egiziane. Politicamente è a destra: è suo il progetto del Likud, la fusione di tutte le liste della destra nazionalista. Nel 1977 Menachem Begin (Likud) vince le elezioni e nel 1981 nomina Sharon ministro della Difesa. Nel giugno 1982, quando inizia l'invasione del Libano in seguito ad un grave attentato palestinese. Begin vorrebbe un'operazione limitata ma Sharon marcia su Beirut, da dove espelle Arafat. Nel settembre c'è il massacro di Sabra e Shatila: migliaia di palestinesi sono massacrati da falangisti libanesi in una zona di Beirut i cui perimetri sono presidiati da Israele. Sharon, sotto accusa, è costretto ad abbandonare il ministero della Difesa.   Accetta incarichi ministeriali secondari fino al match elettorale con Ehud Barak (laburista) nel terribile febbraio 2001, insanguinato dagli attentati dell'Intifada palestinese armata. Sharon prevale. Il Paese gli è grato, e lo conferma premier. Ma negli anni 'Arik' ha appreso che la forza può solo essere un tampone. Per costruire ci vogliono idee nuove: e nel 2005 cancella con un grandioso colpo di spugna 25 insediamenti ebraici dalla Striscia di Gaza espellendone gli 8mila coloni. Su questa mossa, il Likud si spacca. Allora Sharon, assieme con Shimon Peres, fonda una nuova lista centrista, Kadima, che avrebbe dovuto procedere nel disimpegno israeliano anche in Cisgiordania, dopo un'auspicata vittoria alle politiche del gennaio 2006. Ma l'ictus del 4 gennaio mette fine ai suoi progetti.
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