giovedì 18 gennaio 2018
Il presidente smentisce il capo dello staff Kelly. Nuova polemica con la stampa: annunciate dal tycoon 11 «falsità»: il «Premio Fake News» al New York Times
Il presidente Usa Donald Trump non è nuovo a polemiche con i media (Ansa)

Il presidente Usa Donald Trump non è nuovo a polemiche con i media (Ansa)

COMMENTA E CONDIVIDI

Fa rumore negli Usa il botta e risposta tra il capo dello staff della Casa Bianca, John Kelly, e il presidente Donald Trump sulla controversa questione del muro al confine con il Messico. Ieri Kelly – secondo quanto riportato dai media americani – ha detto nel corso in un incontro a porte chiuse con alcuni parlamentari democratici del Congressional Hispanic Caucus che gli Stati Uniti non costruiranno mai il muro, che in ogni caso “non sarà mai pagato dai messicani” e che alcune delle promesse fatte da Trump durante la campagna elettorale sull'immigrazione erano "non informate" adeguatamente. I commenti di Kelly rafforzano - mette in evidenza il Washington Post - le voci di caos alla Casa Bianca sul tema dell'immigrazione e gettano luce del fatto che Trump potrebbe non riuscire ad attuare una delle promesse centrali della campagna, quella appunto sul muro con il Messico.


Oggi, però, Trump via Twitter ha ribadito: "Il muro è il muro, non è mai cambiato dal primo giorno in cui l'ho concepito" e "sarà pagato, direttamente o indirettamente, dal Messico". Il tycoon ha poi aggiunto che un possibile modo per far pagare il Messico sarebbe quello di fargli pagare "un rimborso a lungo termine", visto che "ha un assurdo surplus commerciale con gli Stati Uniti di 71 miliardi di dollari. I 20 miliardi sono “noccioline” in confronto a quello [i soldi, ndr] che ha fatto il Messico grazie agli Stati Uniti. Il Nafta è un brutto scherzo!". Nel dibattito sull'immigrazione in corso negli Stati Uniti, Trump ha ribadito che nessun accordo bipartisan potrà essere raggiunto senza includere il muro al confine con il Messico.


«Premio Fake News» al New York Times

È il New York Times ad “aggiudicarsi” il primo premio per le “Fake News” creato da Donald Trump attraverso il Comitato nazionale repubblicano sul cui sito sono stati pubblicati i vincitori: è solo l'ultima iniziativa, in ordine di tempo, del presidente Usa contro i media americani. Sono 11 in totale le storie denunciate dal presidente, che si è comunque sentito in dovere di precisare che "ci sono molti grandi reporter che rispetto e un sacco di buone notizie per cui gli americani devono sentirsi orgogliosi".

Una menzione particolare l'inquilino della Casa Bianca l'ha dedicata a Paul Krugman, il columnist del New York Times premio Nobel per l'economia. Secondo il presidente, ha meritato il premio per aver scritto "nel giorno della storica, schiacciante vittoria del presidente Trump che l'economia non si sarebbe mai più ripresa". Dopo la vittoria del miliardario, Krugman aveva in realtà scritto che l'inesperienza di Trump sulla politica economica e la sua imprevedibilità avrebbero messo ulteriormente a rischio la già debole economia globale.

Con la sua iniziativa, il presidente Usa ha anche attaccato il giornalista della Abc Brian Ross, per aver sostenuto che l'ex consigliere per la Sicurezza nazionale Michael Flynn avrebbe testimoniato che il presidente Trump gli aveva chiesto di contattare i russi subito dopo le elezioni, un errore per cui la Abc aveva sospeso Ross. “Premiato” anche Time, per aver scritto che Trump aveva rimosso il busto di Martin Luther King dallo studio ovale della Casa Bianca, e Cnn, per la notizia secondo cui Donald Trump e il figlio Donald jr. avevano avuto accesso alle email di Hillary Clinton trafugate dagli hacker russi, una notizia che i giornali americani avevano subito smentito come errata. Il Washington Post è stato “premiato” per la notizia, anche in questo caso un tweet di un reporter e subito corretto, dei posti vuoti durante un intervento di Trump a Pensacola, in Florida. Viene inoltre denunciato, all'undicesimo posto, come "la più grande bufala ai danni degli americani" la collusione con la Russia.

Il Washington Post ha rilanciato l'iniziativa di Trump denunciando le oltre duemila dichiarazioni false o ingannevoli del presidente, errori fra l'altro, contrariamente a quelli commessi dai giornalisti citati, che il presidente non ha mai ammesso.

Intanto un sondaggio Gallup pubblicato dal Guardian rivela che, a un anno dal giuramento di Trump, la fiducia del resto del mondo nella leadership degli Stati Uniti ha toccato un nuovo minimo al 30%, rispetto al 48% sotto la guida di Barack Obama. Nella classifica gli Usa sono ora superati dalla Cina. Sempre l'istituto Gallup aveva reso noto nei giorni scorsi che Trump gode - tra i cittadini americani - del più basso tasso di approvazione rispetto a qualsiasi altro presidente Usa dopo il primo anno di mandato.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: